Firenze, Teatro del Maggio Musicale Fiorentino. 26 Maggio 2024.
Dopo la prima del 24 maggio scorso, al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino è andata in scena la seconda recita, pomeridiana, di Tosca, secondo titolo dell’86esimo Festival del Maggio dedicato al genio di Lucca e terzo dell’intero festival. Le componenti di maggiore spessore di questo spettacolo sono state principalmente due: direzione musicale (affidata al direttore musicale del teatro fiorentino, Daniele Gatti) e la regia (affidata all’attore e regista Massimo Popolizio).
Il maestro Gatti, alla guida di un’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino in forma smagliante, ha proposto una direzione dinamica ed emotivamente molto partecipe, ma, nel contempo anche introspettiva e curatissima in ogni dettaglio. Il maestro ha imposto all'orchestra tempi molto liberi tra le varie scene dell'opera, anche se, nella maggior parte dei casi, tendenzialmente indugianti. La scelta di questi tempi ha spesso esaltato la ricchezza cromatica della partitura, senza lasciare mai che una singola nota venisse trascurata o suonata senza un senso. Soltanto nel crescendo emotivo del secondo atto (dopo che Scarpia ha incalzato Tosca ripetendo "Dite dov'è Angelotti!") la scelta del tempo rapido, a discapito della ricerca di una maggiore profondità di suono ha forse un poco intaccato la tensione scenica. Si è trattato di dettagli, che non pongono in dubbio il fatto che la direzione si sia comunque imposta per la grande personalità e per la rimarchevole maestria nella costruzione di ogni scena: prima fra tutte la strepitosa scena del Te Deum, che è stata mantenuta, orchestralmente, sommessa ed è stata costruita con un crescendo magistrale, fino all'esplosione finale del "Tosca mi fai dimenticare iddio!" e "Te aeternum Patrem, omnis terra veneratur!", enormemente coinvolgente. In altri punti, come in buona parte del secondo atto, gli accenti imposti agli archi e agli ottoni, con i dovuti rallentandi (di tempo e di potenza) dei fiati hanno conferito un senso di immensa profondità alla melodia. Il maestro Gatti ha inoltre puntato molto l'attenzione sul far emergere perfettamente tutti i temi musicali dell'opera, che ne costituiscono un elemento centrale. Anche nelle arie solistiche di Tosca e di Cavaradossi, il maestro Gatti ha sempre prediletto un'orchestra leggera, ma estremamente vellutata, insieme a tempi mai frenetici, per permettere un pieno e assoluto godimento della musica.
Alla direzione del maestro Gatti ha fatto da contrappunto in scena la bella ed elegante regia di Massimo Popolizio, che nella sua carriera da regista ha affiancato per lungo tempo Luca Ronconi. A fronte di un’opera che articola la vicenda in tempi e in luoghi ben definiti (vi sono infatti il riferimento alla "spenta" Repubblica Romana e alla battaglia di Marengo, ma anche a Sant'Andrea della Valle, a Palazzo Farnese e a Castel Sant'Angelo), Popolizio ha optato per una talentuosa rivisitazione delle ambientazioni in chiave anni 30, senza però far mai mancare in scena i riferimenti imprescindibili perché l’azione e il canto conservino il loro senso originario (come, ad esempio, i due candelabri che Tosca pone vicino al cadavere di Scarpia e l'Angelo del Castello). Quella proposta, è stata una Tosca modello “diva” dello spettacolo, che trasfigura dalla frivolezza iniziale, in cui assume anche atteggiamenti un poco provocatori in chiesa verso il “suo Mario”, alla dimensione dolente e poi eroica del secondo atto, e che sfuma la caratterizzazione tradizionalmente devozionale. E’ però, al tempo stesso, una Tosca vera, scenicamente presente e protagonista appropriata dell’opera.
La parte vocale del spettacolo è stata anch’essa di ottimo livello.
In primis, la soprano Vanessa Goikoetxea, che non ha certamente delineato una Tosca vocalmente impeccabile (seppur ottima scenicamente), ma che ha comunque dato corpo e voce ad un personaggio credibile, puntando più su un’interpretazione efficace, a tutto tondo, che su un impegno vocale raffinato, anche se la sua voce è risultata tendenzialmente gradevole, soprattutto nel registro centrale (forse un poco meno controllata nell’emissione in quello acuto, che ha evidenziato a tratti qualche asprezza). Si è comunque molto ben destreggiata nel "Vissi d'arte", di cui ha offerto un’esecuzione ricca di introspezione e di carica emotiva.
Al suo fianco il tenore Piero Pretti ha vestito in modo convincente i panni di Mario Cavaradossi, puntando, da serio e consumato professionista, sulle sue qualità migliori, come la linea di canto elegante e sicura, l’intonazione ferma e la sua gradevole voce di tenore lirico. Ne è scaturito, anche in questo caso, come in quello di Tosca, un Cavaradossi forse non particolarmente variato nei colori vocali o approfondito nelle sue pieghe emotive, ma comunque pienamente credibile e scenicamente di ottima presenza.
Pari credibilità ha avuto anche il barone Scarpia di Alexey Markov, baritono dotato di vocalità sontuosa, anche se non sempre gestita con adeguata precisione, soprattutto nel registro acuto. Il suo è stato però uno Scarpia autorevole, tendenzialmente rude, ma anche, all’occorrenza, viscido e ipocrita e, comunque, mai volgare (apprezzabile è stato il cambiamento di atteggiamento vocale, ad esempio, dall’insinuante "Tosca divina la mano mia la vostra aspetta" del primo atto all’asprezza stentorea del "Dite dov'è Angelotti!" dell'atto seguente).
Buoni sono stati anche il sagrestano di Matteo Torcaso, e lo Spoletta di Oronzo d'Urso. Cesare Angelotti è stato ben eseguito da Gabriele Sagona con una buona voce scura e profonda. Bene hanno fatto anche Dario Giorgelè (Sciarrone) e Cesare Filiberto Tenuta (Un carceriere).
L'orchestra del Maggio Musicale Fiorentino ha suonato in modo eccellente e con rara precisione. Gli archi sono sempre stati vellutati e raffinati, senza mai essere striduli o legnosi, ed hanno saputo creare un tessuto sonoro ricco di sfumature e di calori. Non da meno è stata la sezione degli ottoni, in particolar modo i magnifici corni del Te Deum e dell'inizio del terzo atto. La sezione delle percussioni ha poi supportato il tutto con un ritmo incisivo ma mai invadente.
Apprezzabilissimi sono stati infine gli interventi del coro perfettamente preparato dal maestro Lorenzo Fratini.
Al termine della recita il pubblico ha tributato a tutti gli interpreti consensi entusiastici e pienamente meritati, suggellando il successo di uno spettacolo la cui qualità non è oggi facilmente replicabile.