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Lorenzo Giovati

Simon Boccanegra • Viotti

Milano, Teatro alla Scala (in diretta su LaScala.tv). 14 Febbraio 2024

 

Ho ascoltato la prima rappresentazione di questa nuova produzione di Simon Boccanegra di Giuseppe Verdi su Rai Radio 3 giovedì 01 febbraio scorso; e l’ho nuovamente ascoltata e vista venerdì sera, grazie alla diretta video sulla piattaforma di streaming LaScala.tv. Lo spettacolo mi ha solo in parte convinto, anche se sono consapevole del fatto che ogni giudizio, non maturato attraverso la diretta partecipazione all’evento teatrale, ma mediato da altri mezzi, va sempre espresso con cautela.


Nel cast vocale è emerso, nel ruolo del protagonista, il baritono Luca Salsi, che ha affrontato il personaggio di Simone da ormai consumato artista, sfoggiando un mezzo vocale come al solito sontuoso e tecnicamente ben governato. Nonostante l’affinamento tecnico che ha mostrato di aver conseguito nei suoi anni di carriera, il suo canto sconta però ancora un fisiologico limite di nobiltà, che, nell’interpretazione soprattutto di alcuni personaggi verdiani, assai più che in quelli del repertorio verista, si traduce a volte in un limite interpretativo. A ciò probabilmente è dovuta la limitata capacità, che mi è parso di cogliere, a differenziare il canto tra i diversi ambiti in cui si esprime il personaggio di Simone, come ad esempio, tra la sua dimensione pubblica (nobile e istituzionale) e quella privata (intima), e quindi anche a rendere compiutamente un dualismo, non di rado antagonistico, che spesso torna nelle opere del Maestro Verdi. Ciò detto, però, cavillo di un’interpretazione nel complesso ottima, tracciata con un buon controllo della voce e con un timbro adatto al personaggio.


Assai deludente è stato invece il Fiesco di Ain Anger, che a tratti ha mostrato incertezze nell’intonazione, che è apparsa costantemente precaria (quasi sempre crescente) e tremula, non solo nel registro grave, ma anche in quello centrale, un fraseggio molto approssimativo e anche segni di smarrimento nell'interpretazione, come se non avesse piena consapevolezza di quel che stava cantando. Il riascolto in video, tra l’altro, ha evidenziato questi limiti più di quanto non fossero apparsi nell’ascolto radiofonico della prima rappresentazione. Ne è scaturita una rappresentazione di Fiesco assai sfocata e poco consistente, forse il limite maggiore del cast in scena.  


Al contrario, Eleonora Buratto si è confermata una solida certezza e un'interprete di spicco nel repertorio verdiano. Con la sua interpretazione di Amelia ha dimostrato una profonda comprensione del personaggio, esibendone un’interpretazione aggraziata e appropriata, come è risultato particolarmente evidente nell'esecuzione dell'aria "Come in quest'ora bruna". La sua voce cristallina e ben modulata ha giustamente meritato i consensi del pubblico al termine della rappresentazione. La sua presenza scenica ha aggiunto ulteriore profondità al personaggio. In un cast non sempre brillante, la Buratto si è distinta quindi per bravura e professionalità, confermandosi una delle migliori interpreti dell’attuale panorama operistico.


Non mi ha diversamente entusiasmato il tenore Charles Castronovo, al suo debutto scaligero nel ruolo di Gabriele Adorno. Il tenore americano dispone di una voce potente e tendenzialmente intonata, ed anche di un buon squillo, ma non sempre riesce a dosarla con la dovuta eleganza, né a piegarla verso accenti raccolti. Il suo personaggio è risultato relativamente convincente laddove doveva essere pugnace ed “eroico”, assai meno, per la limitata capacità di articolare un fraseggio adeguato, laddove doveva invece essere “amoroso”. Anche in questo caso, pertanto, sebbene per motivi diversi da quelli che è scritto per il Maestro Salsi, la dialettica la tra dimensione pubblica e quella privata del personaggio è risultata penalizzata.


Eccellente è stata invece la prestazione di Roberto de Candia nel ruolo di Paolo Albiani, che è stato interpretato con estrema consapevolezza del ruolo e con una voce piena e intonata. Il Maestro de Candia, che ho spesso apprezzato in ruoli buffi, ma che non è meno pregevole anche quando veste i panni di personaggi drammatici, si è quindi confermato un serio professionista e un ottimo cantante. 


Il trentatreenne Lorenzo Viotti, che sino ad oggi avevo ascoltato solo in performance sinfoniche,  ha superato con discreto successo la prova del debutto scaligero nel repertorio verdiano, offrendo una direzione che mi è parsa corretta per sonorità, dinamiche e tempi, anche se non entusiasmante. Mi è sembrato però di cogliere nella sua direzione i tratti di una promettente personalità interpretativa, la quale, nel proseguire di un percorso di carriera che ha già avviato in modo ben più che promettente, saprà certamente affinare.


La regia di Daniele Abbado sembrava richiamare in molti elementi, come la vela della nave sullo sfondo, la regia storica di Giorgio Strehler, incomparabilmente bella, come incomparabilmente bella e parimenti storica fu la direzione del Maestro Claudio Abbado. Nonostante il riferimento autorevole, e fors’anche per questo, la regia ha accompagnato lo spettacolo in modo abbastanza anonimo, risultando priva di ambientazione, modestamente evocativa e povera di riferimenti significativi all'azione musicale. Meglio comunque un rispettoso e sobrio anonimato che l’inappropriata invasività di tanti approcci registici.


La spettacolo, pertanto, pur non mancando di pregi, lo giudicherei deludente.

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