Roma, Auditorium Parco della Musica. 6 Giugno 2024.
La stagione 2023/2024 dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia sta per volgere al termine. Come suo penultimo appuntamento è tornato sul podio il direttore russo Tugan Sokhiev, che aveva diretto le medesime forze orchestrali poco più di un mese fa in un programma completamente diverso. Il concerto proposto giovedì sera proponeva "solo" la mastodontica settima sinfonia di Dmitrij Shostakovich, che fu composta nel 1941 quando le armate di Adolf Hitler invasero l'Unione Sovietica e assediarono per 872 giorni la città di Leningrado, da cui infatti prende il nome la sinfonia. Shostakovich compose i primi tre movimenti in pochissimo tempo e la completò entro la fine del 1941, segnando così un record di velocità produttiva nella sua carriera. Il compositore non volle inoltre abbandonare la città, rimanendo a comporre nel teso clima dell'assedio (a differenza di altri illustri musicisti suoi coetanei, come Oistrach e Gilels) e persino informando i suoi concittadini, tramite la radio, sull'andamento della sinfonia per offrire loro, malgrado la situazione critica, una parvenza di normalità e per spronarli alla resistenza. Shostakovich, che aveva seri problemi di vista, pur di contribuire alla sua patria, si arruolò addirittura come vigile del fuoco (la copertina della rivista Time lo ritrasse vestito da pompiere con la didascalia "Fireman Shostakovich"). Solo quando la situazione dell'assedio si fece insostenibile Shostakovich abbandonò Leningrado. La sinfonia subì anche una travagliata gestazione per l'arrivo negli Stati Uniti, passando, sotto forma di microfilm, da Teheran, al Cairo, dal Brasile, alle sapienti mani di Arturo Toscanini, che ne diresse una bellissima esecuzione (reperibile anche oggi in CD, vinile o su YouTube) trasmessa per radio e seguita da oltre venti milioni di persone.
Il maestro Tugan Sokhiev, grande esperto di Shostakovich, ma soprattutto grande e sensibile bacchetta, ha esportato le sue interpretazioni di questo compositore in gran parte del mondo, da Filadelfia a Berlino e, dopo l'esecuzione della decima sinfonia nel 2010, ha nuovamente deliziato il pubblico romano con un'interpretazione imponente e complessivamente meravigliosa. Il maestro Sokhiev, che ha diretto l'intero concerto con la bacchetta, diversamente dalla sua abitudine di dirigere con le mani, è riuscito perfettamente a trasportare il pubblico nelle atmosfere belliche e drammatiche che la musica riesce ad evocare, sfruttando magistralmente un organico orchestrale qualitativamente eccelso e quantitativamente numerosissimo.
Il primo movimento, chiamato originariamente "La Guerra" (quando l'idea era ancora quella di comporre un poema sinfonico e non una sinfonia), si è aperto con l'esposizione de "la vita semplice e pacifica vissuta prima della guerra dagli abitanti di Leningrado" (cit. Shostakovich), che il maestro Sokhiev ha mantenuto sempre legata e melodica, fino al magnifico assolo del primo violino (magistralmente eseguito dal maestro Andrea Obiso) che ha dato inizio al "Tema dell'invasione". In questo passaggio Shostakovich fa sfoggio di grandi conoscenze musicali e di evolute capacità di rielaborazione, sfruttando (come fa Ravel nel Boléro) la forza espressiva di un ritmo incalzante e crescente, scandito dal rullante, e utilizzando un solo tema (probabilmente tratto e rielaborato dall'operetta Die Lustige Witwe di Lehar, molto amata dal Führer) ripetuto dodici volte dagli elementi dell'orchestra. Il maestro Sokhiev ha trasformato l'orchestra in un vero e proprio esercito, riuscendo a ricostruire alla perfezione l'idea dell'esercito in avanzata verso la città, senza però perdere la meccanicità e il senso grottesco del suono e della melodia. Il movimento, dopo la climax, ha infine raggiunto il suo stato di quiete con l'assolo del fagotto e con l'eco lontano della marcia che ha chiuso il brano.
Il secondo movimento (originariamente intitolato "Memorie") simula un poco lo stile beethoveniano dello scherzo e lo stile mahleriano della parte centrale. Il movimento si snoda infatti in una prima parte esposta dai violini, in una componente centrale, dapprima melodica e poi concitata, e in un finale che riprende i temi della prima parte. Anche in questo caso il maestro Sokhiev ha accompagnato l'orchestra con un gesto precisissimo e molto puntuale in un'esecuzione tecnicamente e ritmicamente ineccepibile.
Il terzo movimento ("Gli spazi sconfinati della patria") evoca una marcia funebre e comprende una serie interminabile di evocazioni emotive e di introspezioni, che il compositore rivolge a sé stesso, dalla desolazione alla tristezza, dalla rabbia (che emerge nel declamato espressivo degli archi) alla travagliata vittoria, che sopraggiunge con l'avvento del quarto movimento. Il maestro Sokhiev ha fatto qui sfoggio di una perfetta conoscenza del brano e di un gusto interpretativo e musicale fuori dal comune, curando ogni minimo dettaglio e interpretando tutte le note, senza lasciare mai nulla al caso.
Il quarto movimento ("La vittoria"), che attacca subito dopo il precedente, si apre con un incalzante ed energico tema, prima riservato agli archi, poi a tutta l'orchestra. Shostakovich dipinge la vittoria, non come qualcosa di trionfale sul nascere, ma come un obiettivo raggiungibile solo con la drammaticità della prima parte e la desolazione della componente centrale del movimento che culmina poi nella fanfara finale. L'esecuzione proposta è stata magnifica, riuscendo a catturare ogni sfumatura emotiva della composizione e trasportando il pubblico attraverso il tumultuoso viaggio dalla disperazione alla trionfale conquista della vittoria. La direzione orchestrale ha saputo esaltare le dinamiche contrastanti del movimento, dall'iniziale tensione, alla malinconia e alla riflessione del cuore centrale, fino all'esplosione di energia e di speranza della parte conclusiva. Gli archi, in particolare, hanno reso con precisione e intensità il tema incalzante e della desolazione centrale, mentre i fiati e le percussioni hanno dato voce alla potenza e alla grandiosità della vittoria finale.
L'Orchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia è, ad oggi, probabilmente la miglior orchestra sinfonica italiana, ha un suono che è caratterizzato da un velluto sempre morbido e perfettamente delineato. Ogni sezione è formata da musicisti di eccelso livello artistico e musicale. La composizione proposta ha messo in risalto, non solo la leggerezza, la dinamicità e la compattezza della sezione degli archi, ma anche la potenza e la precisione degli ottoni. Gli interventi dei fiati sono stati sempre precisi e pertinenti. In ultimo merita una menzione particolare l'intera sezione delle percussioni, che con la loro perentoria precisione hanno conferito ritmo e maestosità all'esecuzione.
Grazie a tutto ciò il pubblico ha quindi potuto accedere ad una profonda comprensione della partitura di cui il maestro Sokhiev ha saputo trasmettere, non solo le note, ma anche l'anima stessa. Ogni passaggio, ogni crescendo e diminuendo, ogni pausa carica di tensione ha contribuito a creare un'esperienza indimenticabile. L'esecuzione è stata pertanto un trionfo di emozioni, e ha sicuramente lasciato un ricordo duraturo a tutti gli ascoltatori presenti.