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Lorenzo Giovati

Schubert e Bruch • Järvi

Bologna, Auditorium Manzoni. 21 Aprile 2024

 

Domenica sera, come ultima tappa di una tournée fitta di concerti, la Deutsche Kammerphilharmonie di Brema è approdata all’Auditorium Manzoni di Bologna. Sul podio vi era maestro Paavo Järvi, che ha rinnovato la sua collaborazione con questa orchestra, con la quale ha eseguito e inciso i maggiori gruppi sinfonici del repertorio classico, tra cui il ciclo, pregevolissimo, delle nove Sinfonie (con la S maiuscola) di Beethoven, oppure quello delle quattro sinfonie di Brahms e di Schumann. In questa occasione bolognese il maestro Jarvi si è cimentato nel primo concerto per violino e orchestra di Bruch e nelle prime due sinfonie di Franz Schubert. Il programma, di raro pregio, ha quindi gravitato su una serie di composizioni di non frequente esecuzione.


Il concerto si è aperto con la prima sinfonia di Franz Schubert. L'esecuzione è stata straordinaria. La composizione, scritta da Schubert ad appena sedici anni, risente, in modo chiaro, delle influenze di Mozart, di Haydn e di Beethoven. Il maestro Jarvi è riuscito perfettamente ad unire questi tre contributi, dai primi accordi iniziali (abbastanza solenni, che richiamano il primo Beethoven sinfonista), alla successiva presentazione del tema del primo movimento (molto vivace e lieve, specialmente nei fiati, a richiamare lo stile dell'ultimo Haydn). Sempre nel primo movimento, ci sono stati contrasti, sempre eleganti e ben marcati, tra la forza delle trombe e dei timpani, in contrapposizione con flauti e gli oboi, sempre molto trasparenti, ma anche perentori, nelle loro note, quasi solistiche. Il secondo movimento è stato particolarmente melodioso, grazie all'ottimo lavoro dei fiati e degli archi, che sono stati sempre molto uniti e precisi. Il terzo movimento, di chiara ispirazione mozartiana, specialmente nel Trio, è risultato energico e ben "colorato" dal punto di vista delle dinamiche, sempre vivaci e talvolta sin inaspettate. Il quarto movimento è stato infine brillante e dinamico, con gli ottoni e i timpani in evidenza.


Successivamente, sempre nella prima parte del concerto, il direttore estone è stato raggiunto dalla giovanissima violinista Maria Dueñas per l’esecuzione del primo concerto per violino e orchestra di Bruch. La componente solistica è stata di elevatissimo livello, sia per perizia tecnica, sia per maturità interpretativa. La violinista spagnola, a soli 21 anni, è ormai avviata ad una carriera che sembra più che meritatamente prospera. Il suo violino ha prodotto un suono rotondo e pieno, mai impreciso nell’intonazione. I vibrati sono sempre pertinenti e perentori nel conferire alla melodia emotività e personalità, così come i legati. Nell'ultimo movimento è stata abilissima nell'utilizzo dell'archetto, rendendo alla perfezione gli staccati e gli accordi. L'interpretazione è stata assolutamente carica di personalità e di sensibilità interpretativa. La sua esecuzione è stata quindi splendida e all’altezza di quelle dei più grandi violinisti, anche del passato.


Al suo fianco, l'orchestra non è stata assolutamente da meno. Il maestro Järvi è riuscito perfettamente a rendere le parti più tormentate del primo movimento, in contrapposizione con le parti più dilatate del secondo a quelle più gioiose (come l'esplosione orchestrale che riprende il tema del violino) del terzo movimento.


Al termine dell’esibizione, la violinista e il direttore sono tornati sul palco e, insieme all'orchestra, hanno magistralmente interpretato Apres un reve di Gabriel Fauré. Successivamente il pubblico, ancora entusiasta, ha richiamato la violinista per eseguire, anche in questo caso in modo eccellente, il difficilissimo Applemania di Aleksey Igudesman, brano ricchissimo di insidie tecniche, affrontato alla perfezione dalla Dueñas.


Nella seconda parte del concerto, come già ho  scritto, è stata proposta la seconda sinfonia di Schubert, composta un anno dopo la precedente.

In tutta la sinfonia sono emersi appieno gli elementi fondamentali e contrastanti di solarità e di malinconia. La direzione, in generale, ha puntato molto sui chiaroscuri degli archi, mentre la spinta di pura forza è stata data da timpani e trombe. In particolare, nel terzo movimento, dopo la ripresa del tema e prima della coda, timpani e ottoni sono stati bravissimi, impreziosendo e chiudendo il movimento in un tripudio di pura gioia.


La Deutsche Kammerphilharmonie Bremen è stata davvero eccellente. Gli ottoni sono sempre stati precisi e intonati, insieme ai timpani, molto profondi e ai fiati, molto eleganti. Gli archi hanno brillato per precisione e per pulizia del suono. In alcuni passaggi, specialmente in Bruch, il suono era talmente rotondo da sembrare quello di una grande orchestra sinfonica formata da numerosi elementi. In realtà si trattava di un'orchestra "da camera" formata da un numero limitato di elementi (specialmente negli archi), ma talmente bravi da sembrare molti di più.


In sintesi, il concerto è stato da ricordare, in particolare grazie alla giovanissima violinista e al bravissimo Paavo Järvi, che si è riconfermato essere uno dei migliori direttori del nostro tempo, in grado di approntare, ad un livello direttoriale sempre elevatissimo, qualsiasi repertorio, da Haydn a Shostakovich.


Mi è dispiaciuto constatare che un concerto di tale livello non abbia portato ad un auditorium tutto esaurito. Coloro che erano presenti, in buona parte giovani, hanno però apprezzato molto il concerto, concedendo agli artisti numerosi e meritati applausi.


 

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