Rossini, Stravinsky e Dvorak • Dutoit
- Lorenzo Giovati
- 13 ott 2024
- Tempo di lettura: 3 min
Parma, Teatro Regio. 8 Ottobre 2024
All’interno del percorso “Ramificazioni” del Festival Verdi 2024, iniziato con il concerto di Maxime Pascal all’Auditorium Paganini, è stato inserito, dopo l’annullamento del concerto di Maurizio Pollini, deceduto il 23 marzo scorso, un altro concerto, affidato alla sapiente ed esperta bacchetta del maestro Charles Dutoit, alla guida dell'Orchestra Giovanile Luigi Cherubini.
Il concerto, a cui ha assistito un pubblico non numeroso, ma attento, è iniziato con l'Ouverture dal Guglielmo Tell di Gioacchino Rossini. L'esecuzione si è segnalata, non tanto per il suo impeto, quanto per un’accurata scelta dei tempi e per i pregevolissimi interventi dei solisti (violoncello e corno inglese). Le dinamiche equilibrate ed eleganti hanno valorizzato un'esecuzione di indubbio pregio.
Successivamente il maestro Dutoit ha proposto la Suite dal balletto L'Uccello di Fuoco di Stravinsky, un'opera che richiede grande maestria nell'equilibrare le varie sonorità. In questo repertorio, il maestro Dutoit ha dimostrato di trovarsi più a suo agio, rispetto a quello rossiniano, proponendo una lettura lucida ed energica. Tuttavia, l'inizio, caratterizzato da atmosfere sospese e sfuggenti, è apparso meno misterioso di quanto ci si potesse aspettare. Questo ha contribuito ad una resa iniziale più diretta, ma meno evocativa. Col progredire dell'esecuzione, il maestro Dutoit ha però saputo recuperare, imponendo una lettura vigorosa e ben strutturata. Il finale è stato energico e ben gestito, senza incertezze, anche se non ha raggiunto un'esplosione sonora nemmeno vagamente travolgente, mantenendosi su una tensione misurata, che è comunque bastata per coinvolgere il pubblico.
Dopo l'intervallo il programma presentava invece la celeberrima Nona Sinfonia 'Dal Nuovo Mondo' di Dvořák, opera che vanta la testimonianza direttoriale di tutte le più acclamate bacchette. Anche in questo caso, come nella prima parte, il maestro Dutoit ha optato per una lettura attenta e calibrata ha privilegiando l'aspetto melodico della composizione e mettendo in risalto le linee cantabili e le sfumature liriche che pervadono l'opera. Tale scelta è però andata discapito della componente emotiva, impedendo un reale coinvolgimento dello spettatore in un'esperienza di ascolto travolgente e carica di sonorità, che caratterizza la scoperta ed il racconto di un Nuovo Mondo, che è rimasto, in realtà, sensibilmente nell’ombra. Nei movimenti estremi, in particolare, si è avvertita a tratti una certa mancanza di incisività. Il primo movimento è mancato un poco di quell'energia e di quel senso di vastità, ma anche percezione selvaggia, che dovrebbe evocare, per l’appunto, il Nuovo Mondo. Allo stesso modo il finale, pur condotto con buona energia, ha lasciato l'impressione di un'esecuzione ben gestita, ma non pienamente coinvolgente dal punto di vista emotivo e dinamico. Nel movimento centrale, che ha il tempo di Largo, sono emersi alcuni problemi di attacchi tra le sezioni orchestrali, segno di una leggera mancanza di coesione all'interno dell'orchestra. Il maestro Dutoit, pur essendo una bacchetta esperta e ancora molto carismatica, dotata di qualità straordinarie ad onta dell’età avanzata, non ha, per parte sua, sempre offerto una gestualità nitida, mettendo forse un poco in difficoltà i giovani musicisti (che in quanto tali non possono vantare un'esperienza tale da comprendere come nitido anche il più enigmatico dei gesti). Nonostante ciò, il passaggio melodico del corno inglese è stato interpretato con grande sensibilità, conferendo al movimento un senso di dolce malinconia, che ha saputo emozionare. Il terzo movimento, lo Scherzo, con i suoi ritmi vivaci, è stato invece eseguito con un buon equilibrio, pur senza raggiungere, anche in tal caso, picchi di vitalità. E così è stato anche per il quadro movimento, la cui esecuzione, se non ha consumato il peccato di ricercare facili effetti e sconfinamenti impropri in atmosfere retoricamente country, ha però dissolto, nell’equilibrio dinamico, buona parte della sua esplosiva carica emotiva e malinconica. Il tutto ha contribuito a un'esecuzione precisa e ricca di dettagli, ma drammaticamente non molto coinvolgente.
L'Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, fondata dal maestro Riccardo Muti, ha offerto un'esecuzione generalmente solida, dimostrando il grande potenziale dei giovani musicisti che la compongono. I ragazzi, pur essendo ancora all'inizio delle loro carriere, si sono rivelati ottimi professionisti, capaci di affrontare con maturità e serietà un repertorio complesso. Certamente vi è ancora margine di crescita, sia in termini di coesione, che di precisione esecutiva, ma il livello complessivo fa ben sperare per il loro futuro. Tra le sezioni che si sono distinte maggiormente, sono spiccati i fiati, con interventi sempre precisi e ben controllati, e le percussioni, che hanno brillato per la loro energia e puntualità, sostenendo con forza e vivacità i momenti di maggiore tensione ritmica.
Il pubblico ha comunque concesso a tutti gli artisti numerosi applausi, chiedendo loro anche un bis, che però non è stato concesso. Il concerto, quindi, è stato nel complesso buono e ha dato ulteriore lustro ad un cartellone già ricco e di alto livello.