Norma • Spotti
- Lorenzo Giovati
- 13 mar
- Tempo di lettura: 4 min
Firenze, Teatro del Maggio. 9 Marzo 2025.
Per la prima volta al nuovo Teatro del Maggio di Firenze è andata in scena Norma, il capolavoro più celebre di Vincenzo Bellini, opera che ancora oggi rappresenta una delle sfide più ardue del repertorio belcantistico. L’occasione è stata resa ancor più significativa dal fatto che quest’anno ricorre il 190° anniversario della morte del compositore catanese, il cui stile raffinato e la cui scrittura vocale esigente sono ancora celebrati in tutto il mondo. Si è trattato di un ritorno atteso per Firenze, poiché l’ultima rappresentazione di Norma nel capoluogo toscano risale addirittura al 1978, quando, al vecchio Teatro Comunale (oggi nemmeno più esistente), il ruolo della protagonista venne affidato a Renata Scotto e la direzione d'orchestra al maestro Riccardo Muti. Dopo ben 47 anni di assenza, il pubblico fiorentino ha così potuto finalmente riabbracciare questo titolo straordinario.
La serata è stata caratterizzata da un altro debutto di rilievo, quello di Jessica Pratt nel ruolo di Norma. È noto che il personaggio della sacerdotessa druidica rappresenta una delle sfide più impegnative per qualsiasi soprano, richiedendo un’ampia estensione vocale, nonché imponendo di affrontare passaggi di agilissima coloratura e momenti di intenso lirismo che mettono alla prova la resistenza e la capacità espressiva dell’interprete. La Pratt, soprano australiano ormai meritatamente affermata a livello mondiale, ha affrontato la parte con grande sicurezza, sfoggiando un timbro cristallino, insieme ad un’emissione duttile e ben calibrata. Le sue mezze voci, di rara purezza, e i filati aerei hanno conferito alla sua interpretazione un’eleganza particolare. La sua Norma ha convinto, sia dal punto di vista vocale, sia dal punto di vista interpretativo, riuscendo a coniugare precisione tecnica e sensibilità drammatica. La sua prova si è rivelata di indubbio pregio, confermando la sua capacità di affrontare con autorevolezza anche le sfide più impervie del repertorio belcantistico. Ciò le ha permesso di ottenere un'ovazione al termine della recita.
Decisamente meno incisiva è stata invece la prova del tenore Mert Sungu nel ruolo di Pollione. La parte del proconsole romano richiede una vocalità salda, un'emissione ampia e nobile, insieme ad un timbro squillante, capace di rendere giustizia all’aura eroica del personaggio. Il tenore turco ha mostrato un buon approccio interpretativo, riuscendo a delineare un Pollione autoritario e risoluto, ma dal punto di vista vocale la sua performance è stata assai meno convincente. Il suo timbro chiaro e luminoso, pur forse apprezzabile in altri ruoli, non è sembrato particolarmente adatto al personaggio di Pollione, e un vibrato eccessivamente marcato nei momenti più impervi della tessitura ha reso la sua prova solo ricca di buoni propositi.
Di tutt'altra caratura è stata invece la prestazione di Maria Laura Iacobellis nei panni di Adalgisa. Il ruolo della giovane sacerdotessa, pur essendo spesso interpretato da mezzosoprani, si adatta anche a soprani lirici di buona agilità e di spiccata capacità espressiva. La Iacobellis ha dimostrato di possedere entrambe queste qualità. La sua vocalità, tornita e ben rifinita, ha trovato la sua migliore espressione nei duetti con la Pratt, nei quali la sua voce si è amalgamata splendidamente con quella della protagonista. Seppur non dotata di una particolare corposità nel registro grave, la Iacobellis ha saputo compensare con un fraseggio elegante e con una caratterizzazione intensa del personaggio, risultando decisamente apprezzabile.
Molto solida è stata anche la prova di Riccardo Zanellato nei panni di Oroveso. Il basso ha interpretato con autorevolezza la figura del capo dei druidi, imprimendo al personaggio una giusta miscela di severità e di autorevolezza. La sua voce scura, anche se non ha più lo smalto di un tempo, ha saputo donare spessore alla sua prova, che ha avuto come punti di forza un ottimo controllo tecnico e una linea di canto pulita ed espressiva.
Di livello anche i ruoli di contorno: Elizaveta Shuvalova nel ruolo di Clotilde e Yaozhou Hou in quello di Flavio hanno fornito un contributo pregevole, dimostrando una buona interazione scenica.
Alla guida dell’orchestra del Maggio Musicale Fiorentino è salito Michele Spotti, giovane direttore in forte ascesa, che si è distinto per una lettura ricca di energia e ben equilibrata tra le diverse componenti orchestrali. Norma, con le sue linee melodiche sospese e la ripetizione insistita di certe figure ritmiche, rischia spesso di scivolare verso una insidiosa monotonia ritmica e sonora. Spotti ha però saputo evitarlo, offrendo una direzione attenta ai contrasti dinamici e timbrici. Ha dato slancio alle sezioni più impetuose della partitura, senza indulgere in effetti eccessivamente fragorosi, e ha avuto la capacità di dare respiro ai momenti più lirici, mantenendo un controllo sempre saldo. Tuttavia, nel finale del secondo atto si sono avvertiti alcuni tempi leggermente dilatati che hanno appesantito la narrazione musicale. In compenso il celebre coro "Guerra guerra!" è stato eseguito con grande rapidità e con apprezzabile vigore, dando vita ad una scena ricca di tensione drammatica e coinvolgente. Nel complesso, la direzione del maestro Spotti si è dimostrata attenta e ispirata, riuscendo a esaltare la bellezza della scrittura orchestrale di Bellini senza mai perdere il senso teatrale della narrazione.
L'Orchestra del Maggio ha offerto una prova complessivamente valida, anche se non priva di qualche sbavatura. Il suono a tratti ruvido nei corni e negli ottoni ha tolto un po' di omogeneità al tessuto orchestrale, mentre la sezione degli archi si è distinta per compattezza e fluidità nell'emissione.
Eccellente come sempre il Coro del Teatro del Maggio, preparato splendidamente dal maestro Lorenzo Fratini.
Resta infine la regia di Andrea De Rosa, che ha proposto una lettura a tratti forse eccessivamente cupa, ma indubbiamente intelligente. La sua visione dell’opera è risultata chiara e si è articolata in modo fedele al dramma belliniano, senza però rinunciare a innovazioni suggestive. Particolarmente efficace è stato l'effetto scenico in cui il palco si solleva per rivelare la camera di Norma, successivamente utilizzata nel finale per mostrare il delirio e la sofferenza dei suoi figli: un'idea originale che ha aggiunto un ulteriore livello di drammaticità alla narrazione. Un altro elemento di forte impatto visivo è stato l'uso di grandi strutture circolari, sollevate e illuminate verso il pubblico, creando effetti di luce che amplificavano il senso di sacralità e solennità della scena. Se alcuni rituali e gesti scenici dei figuranti non sono risultati sempre di immediata comprensione, il lavoro registico nel suo insieme ha comunque saputo esaltare l’atmosfera dell’opera, con scelte sceniche di grande impatto visivo e una coerenza narrativa che ha contribuito alla riuscita complessiva dello spettacolo.
Nel complesso, questa nuova Norma al Teatro del Maggio è stata un ritorno più che positivo per il capolavoro belliniano a Firenze, con una protagonista di grande caratura, un'Adalgisa eccellente e una direzione musicale di rilievo.