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Lorenzo Giovati

Messa da Requiem • Chailly

Milano, Chiesa di San Marco. 23 Maggio 2024.

 

Questo 2024 sembra avere la vocazione di celebrare i più importanti anniversari della musica classica. Oltre alla Nona Sinfonia di Beethoven, al bicentenario della nascita di Anton Bruckner e il centenario della morte di Giacomo Puccini (che ricorrerà a Novembre), è stata la volta della Messa da Requiem di Giuseppe Verdi, che ha compiuto i suoi 150 anni. Per l'occasione, i complessi scaligeri hanno opportunamente scelto di eseguirla celebrativamente laddove il Mastro Verdi decise di proporla per la prima volta al pubblico milanese il 22 maggio 1874, ovvero la Chiesa di San Marco, in zona Brera a Milano.


La serata ha visto impegnate le forze del Teatro alla Scala, guidate dal maestro Riccardo Chailly (reduce da una lunga tournée in Europa con la Filarmonica della Scala) e quattro solisti di alto livello, due dei quali (il tenore Francesco Meli e il mezzosoprano Daniela Barcellona) sono stati chiamati a sostituire i cantanti di ruolo (Freddie De Tommaso e Aigul Akhmetshina), a causa di una loro improvvisa indisposizione.


Nonostante le naturali limitazioni acustiche imposte dalla scelta della location, che comunque non hanno compromesso l’accesso ad un buon livello di ascolto (Verdi era tutt'altro che uno sprovveduto in materia), l’esecuzione offerta è stata complessivamente molto pregevole, di quelle che si vorrebbero sentire spesso, con una  coesione tra coro, orchestra e solisti generalmente ottima, salvo qualche lieve sfasamento nel Tuba mirum, nel Confutatis e in qualche altro passaggio più concitato.


Il maestro Chailly, al quinto Requiem da quando è stato nominato direttore musicale del Piermarini si è confermato un direttore di grande valore, di gusto esecutivo sobrio e, soprattutto, di apprezzabilissima solidità, maturata nella sua lunga esperienza in territorio tedesco. Il maestro Chailly ha proposto una direzione ineccepibile e, soprattutto, rigorosa. Forse proprio questo rigore è stato però, insieme, il pregio e il limite della sua conduzione. L'impressione, soprattutto nelle pagine più intime e meditative, come il Mors Stupebit, il Recordare e nel Libera me (in particolare, nella seconda parte formata dal Requiem aeternam e dal Libera me conclusivo), è stata infatti, almeno a tratti, quella della ricerca di un’espressività tutta all’interno di marcato rigore formale che, se ha certamente consentito di apprezzare appieno la meravigliosa architettura sonora del Requiem, ha, nel contempo, penalizzato una certa libertà dinamica e, con essa, la valorizzazione di dilatazioni, pause e financo silenzi, che meritano di "essere suonati" e che favoriscono introspezione e contemplazione. Questo approccio, merita di essere ribadito, ha certamente garantito una pulizia esecutiva ineccepibile, la quale però è forse mancata di quel pathos che caratterizza le interpretazioni più apprezzate.


Il tenore Francesco Meli, anch'egli molto impegnato nel suo esordio ne "Il Corsaro" di Giuseppe Verdi al Teatro Carlo Felice di Genova, e chiamato in extremis, si è rivelato pienamente all’altezza dell’impegno. Ha sfoggiato uno squillo sicuro e una voce  ben disposta alla levità di alcuni passaggi, soprattutto nell'Ingemisco, che comunque ha presentato una piccola incertezza nella prima intonazione. La performance generale è stata però all'altezza dell'evento.


Il basso Alexander Vinogradov, un poco incerto nel suo esordio, si è progressivamente rinfrancato e, alla fine, ha proposto una esecuzione sicura, caratterizzata da una bella voce scura, da un fraseggio sorvegliato e da un’intonazione generalmente precisa.


Ottima è stata anche la soprano Marina Rebeka, la cui voce, molto ben controllata nell'intonazione e nell'emissione, è stata caratterizzata anche da ottimi contrasti chiaroscurali e da rotondità di suono. Molto apprezzabile è stata nel Libera me, in cui ha proposto un'interpretazione partecipe, pur, come si è scritto, all’interno una tenuta orchestrale di non amplissimo respiro.


Il mezzosoprano Daniela Barcellona, che ha eseguito la medesima messa in occasione dell'ultimo Festival Verdi di Parma, oltre che con rinomati artisti del calibro di Claudio Abbado, ha dato corpo e voce ad una performance estremamente professionale, seppur, a tratti, la sua voce sia apparsa un poco affaticata. Ha affrontato comunque con grande sicurezza le prove dell'Agnus Dei e del Lux aeterna.


L'orchestra ha suonato molto bene, soprattutto le sezioni di archi e dei fiati. Si sono invece registrate alcune imperfezioni nell'intonazione delle trombe nel Tuba Mirum (che dall'orchestra del più importante teatro italiano non ci si aspetta).


Il coro del Teatro alla Scala, magistralmente preparato dal maestro Alberto Malazzi, ha riconfermato la sua eccellenza assoluta. Il suono ha un velluto sonoro coeso, elegante e potente, il coro è stato impeccabile nel corso di tutta la messa, ma in particolare nel Dies Irae, nel Tuba Mirum, nel Sanctus e nel Libera me.


In conclusione, il concerto è stato suggestivo per la ricorrenza e di rara bellezza nel suo insieme, seppur non indimenticabile.

 

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