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Mahler Sinfonia 2 • Currentzis

Lorenzo Giovati

Barcellona, L’Auditori. 24 Marzo 2025.

 

Dopo un’indimenticabile Nona Sinfonia di Bruckner, il maestro Teodor Currentzis e l’orchestra MusicAeterna si sono trasferiti all’immenso Auditori di Barcellona per continuare i festeggiamenti dei vent’anni dalla fondazione dell’ensemble, prima di partire alla volta di Madrid. Accanto alla Sinfonia n. 9 di Anton Bruckner, rimasta incompiuta a causa della morte del compositore, il maestro Currentzis ha scelto di accostare la Sinfonia n. 2 di Gustav Mahler, detta “Resurrezione” per via del grandioso coro conclusivo. Ne è nato un binomio dalla carica simbolica potente e profonda, incentrato sul tema della morte e della rinascita, che ha permesso di mettere in dialogo due autori apparentemente distanti, ma legati da un senso analogo del destino e del sacro.


La Resurrezione si è aperta con un primo movimento condotto sul filo di una tensione vibrante, che si è percepita sin dalle prime battute: un incipit furioso degli archi che ha proiettato il pubblico in medias res, creando un’immediata elettricità narrativa. Il gesto del maestro Currentzis, sempre molto espressivo, oltre che carico di energia, ha spinto l’orchestra a un attacco quasi brutale, ma perfettamente calibrato. Tuttavia, ciò che ha colpito in modo ancora più profondo è stata la capacità del direttore greco di non abbandonarsi a un’esecuzione meramente drammatica o spettacolare. Diversamente dai tanti altri direttori che hanno letto questo primo movimento in chiave titanica o esasperata, il maestro Currentzis ha scelto invece un’opzione interpretativa più meditativa, quasi ascetica, imponendo tempi dilatati che hanno permesso di cogliere al meglio ogni cesura, ogni dissolvenza armonica, ogni sospensione del discorso musicale. Il tema secondario è emerso con una dolcezza estrema, ma mai sentimentale. La dinamica è stata gestita con estrema attenzione, sfumata quasi sempre dal piano, raramente spinta oltre, e quando il forte è arrivato, lo ha fatto come un’esplosione improvvisa, frutto di una costruzione paziente e sapiente. Il climax del movimento, che Mahler colloca nella zona centrale, è stato affrontato con grandissima consapevolezza architettonica: il maestro Currentzis ha saputo costruirlo come una lenta ascensione verso l’inevitabile, evitando ogni eccesso teatrale, ma caricando il discorso musicale di un’intensità lancinante. Ne è risultata una lettura di intima e profonda, capace di far emergere il carattere tragico del movimento, senza mai scivolare nell’enfasi o nell’effetto. Un dolore pensato, strutturato, spirituale: forse l’unico modo davvero mahleriano per aprire questa sinfonia.


Nel secondo movimento, il clima musicale si è fatto sognante, pastorale ed estremamente carezzevole. Gli archi, impeccabili nel controllo del legato e nella morbidezza dell’attacco, hanno restituito l’eleganza del movimento con una levità incantata, che ha confermato ancora una volta la versatilità timbrica dell’ensemble. Anche qui, l’attenzione ai dettagli dinamici è risultata esemplare: ogni frase è stata sussurrata, come se provenisse da un mondo lontano, idealizzato, già perduto.


Il terzo movimento, lo Scherzo, è stato semplicemente eccellente. L’ironia corrosiva e grottesca che Mahler inserisce in questa pagina, derivata dal Des Antonius von Padua Fischpredigt, è stata restituita con chirurgica precisione ritmica e con una tensione interna che non è mai venuta meno. Il maestro Currentzis ha saputo esaltare le ambiguità stilistiche del movimento, alternando con maestria i momenti di spinta centrifuga e quelli più sottilmente statici, e facendo emergere il senso di straniamento che percorre la pagina. Notevolissima è stata la coesione interna della compagine orchestrale: i pizzicati degli archi, i legni dai colori stranianti, le percussioni mordaci e misurate, tutto ha concorso a una lettura densa di dettagli e pienamente consapevole del sarcasmo mahleriano, senza mai eccedere in toni farseschi o caricaturali.


Con il quarto movimento, Urlicht, il clima si è fatto più raccolto, quasi mistico. Il tempo lentissimo scelto dal maestro Currentzis ha permesso di ascoltare ogni singola curva della linea vocale, affidata all’eccellente mezzosoprano Maria Barakova. Guidata con sapienza dal gesto preciso del direttore, la Barakova ha cesellato il fraseggio con cura estrema, mantenendo sempre un timbro omogeneo e una dizione espressiva, specialmente nel registro grave, corposo e risonante. Di rara bellezza anche il trio delle trombe, intonate alla perfezione e di timbro cristallino, capace di dialogare con la voce senza mai sovrastarla, ma esaltandone la spiritualità.


Senza soluzione di continuità si è giunti all’ultimo, monumentale, movimento, affrontato con grande controllo formale e con una visione unitaria che ha evitato ogni effetto gratuito. La lettura del maestro Currentzis è apparsa riflessiva, votata alla costruzione progressiva della tensione drammatica, priva di ogni indulgenza verso la retorica del volume o il pathos immediato. Eppure, proprio per questo, i momenti di massima esplosione sonora sono risultati ancora più travolgenti, perché perfettamente preparati e perchè inseriti in un arco espressivo coerente, carico di significato e di necessità interna. Quando l’orchestra si è sollevata verso i suoi vertici dinamici, il suono si è fatto ampio, scolpito, denso di energia, ma mai scomposto: gli ottoni, guidati con mano sicura, hanno liberato una potenza controllata, quasi sacrale, capace di scuotere l’ascoltatore senza mai sopraffarlo. Il gesto del maestro Currentzis, spesso asciutto, ma sempre intensissimo, ha mantenuto l’intero impianto sonoro saldo, anche nei momenti più estremi, riuscendo a fondere impeto e controllo, verticalità e respiro. Gli interventi del soprano Sophia Tsygankova, entrata in scena negli ultimi minuti, sono stati impeccabili per l’intonazione e la qualità timbrica, ben inseriti nel disegno complessivo. La sua voce, chiara e luminosa, si è innalzata con grazia al di sopra dell’impasto orchestrale, trovando una sintonia perfetta con il mezzosoprano Maria Barakova e con l’atmosfera sospesa dell’epilogo. Il Coro Ibercamera, impeccabile per precisione, compattezza e intensità espressiva, ha reso con forza e con partecipazione il celebre finale corale. Le voci, entrate con timbro composto e progressivamente cresciute in ampiezza, hanno contribuito a quell’impressione di ascesa collettiva che è il cuore del movimento: non una semplice esplosione sonora, ma una vera e propria trasfigurazione. L’ultima sezione, con il celebre “Aufersteh’n”, è apparsa come una liberazione della materia verso la luce, in un’atmosfera di commozione e di grande solennità, che ha suggellato l’intera esecuzione con un senso di compiutezza profonda.


L’orchestra MusicAeterna si è confermata ancora una volta tra le migliori formazioni a livello internazionale, non solo per l’altissima qualità tecnica, ma anche per una coesione interna e una sensibilità collettiva che raramente si incontrano in ensemble anche blasonati. Il suono dell'orchestra, compatto, scolpito, ma al tempo stesso elastico, vibrante, pieno di vita, ha impressionato per la straordinaria gamma timbrica e per la flessibilità dinamica, unite a una precisione millimetrica. Non si tratta solo di eccellenza individuale, ma di un'intelligenza musicale collettiva, capace di reagire con immediatezza al gesto del direttore, di articolare con profondità ogni frase, ogni sfumatura, ogni transizione. Da segnalare, in particolare, la potenza e l’unità dei dieci corni, che hanno saputo coniugare solidità e pastosità timbrica con una chiarezza d’attacco impeccabile anche nei passaggi più impervi e scoperti. Le tre trombe hanno inciso la tessitura orchestrale con un suono argenteo e sempre intonato. I sette percussionisti hanno dato vita a un paesaggio sonoro ricchissimo, alternando impeto e sospensione, fragore e silenzio. Notevolissimi anche gli archi, capaci di affrontare ogni registro con omogeneità, flessibilità e precisione, alternando dolcezza lirica e incisività ritmica con una naturalezza sbalorditiva. La trasparenza del loro suono nei passaggi cameristici e la loro densità corposa nelle sezioni più ampie hanno dimostrato, non solo una grande tecnica, ma soprattutto una sensibilità al fraseggio e all’equilibrio che è il marchio distintivo di un’orchestra davvero straordinaria.


La tournée catalana si è dunque conclusa con un autentico trionfo musicale, suggellato da una Resurrezione che ha saputo coniugare visione e rigore, spiritualità e materia. Un’esperienza d’ascolto capace di unire potenza e profondità con una coerenza rara. Per chi ha avuto il privilegio di assistervi, si è trattato di un evento destinato a lasciare un segno: non solo un concerto, ma un momento in cui ogni suono sembrava nascere da un’urgenza interiore. Un traguardo altissimo, degno della storia che MusicAeterna e Teodor Currentzis stanno scrivendo in vent’anni di grandi successi.

 


 

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