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Madrigali

  • Lorenzo Giovati
  • 23 ott 2024
  • Tempo di lettura: 3 min

Parma, Teatro Farnese. 19 Ottobre 2024.

 

In una piovosissima serata parmigiana, dopo l'esecuzione della Messa da Requiem di Verdi, a distanza di mezz'ora (giusto il tempo per consentire ad una parte del pubblico di traslare dal Teatro Regio al Teatro Farnese), è andata in scena la seconda rappresentazione dell'ultimo appuntamento della sezione "Ramificazioni" che, con i tre precedenti concerti, si era già qualificata come una delle parti meglio riuscite e sicuramente più interessanti del Festival. Questo evento era dedicato ai "Madrigali", ovvero a composizioni polifoniche, che, nate durante il Rinascimento, hanno esplorato, con intensità emotiva, temi come l'amore, la natura e la morte, fino a culminare nelle opere di grandi compositori come Monteverdi. Al contempo, queste stesse radici hanno influenzato autori contemporanei, come Luigi Nono, che con la sua La lontananza nostalgica utopica futura ha saputo reinterpretare il concetto di suono e di spazio, proiettando la tradizione madrigalistica in una dimensione avanguardista.


La serata è iniziata proprio con l'esecuzione del madrigale (e ciò ne spiega l'inusuale accostamento con Monteverdi) La lontananza nostalgica utopica futura di Luigi Nono, affidata alla bravissima violinista Mihaela Costea, già primo violino della Filarmonica Arturo Toscanini. In questo frangente è stato sfruttato alla perfezione lo spazio del Teatro Farnese, utilizzando le gradinate per posizionare una serie di amplificatori che, grazie alla regia del suono di Alvise Vidolin, propagavano da diverse direzioni una serie di suoni dati dal nastro magnetico, creando un senso di coinvolgimento molto particolare. Secondo le indicazioni di Nono, l'esecuzione si è svolta con "Sei leggii «lontani tra loro, irregolarmente e asimmetricamente, mai vicini, in modo da rendere possibili vari cammini tra loro, mai diretti, cercandoli … ‘intrigati’ anche da 2 o 4 leggii vuoti, per rendere il cammino ancor più variato e fantasioso», sono disposti nella sala, con le 6 parti entro cui è articolata la composizione, il violinista cerca di disegnare così un percorso, incerto, titubante (cammina lentamente con improvvise fermate come e cercando il leggio successivo), sino alla lenta uscita dalla sala su un sol che lentissimo si spegne nel silenzio". La Costea ha saputo, non solo affrontare egregiamente la complessità tecnica dell'opera, ma anche trasmettere una profondità espressiva rara. Il suo controllo impeccabile dello strumento, unito a una capacità di generare tensione e delicatezza al tempo stesso, ha dato vita a una performance magnetica. L'artista ha affrontato le asperità del brano con una maestria che non ha mai perso di vista l'emozione sottesa, riuscendo a coinvolgere il pubblico in un'esperienza musicale di grande intensità, seppur di difficilissimo ascolto (che la durata del brano non ha certamente facilitato). Il percorso intricato, scandito dai leggii distanti, è stato reso ancor più suggestivo dalla sua presenza scenica e dalla sua capacità di comunicare anche nei silenzi.


Senza soluzione di continuità, dopo l'uscita della violinista dalla sala, l'orchestra si è subito posizionata per l'esecuzione de Il Combattimento di Tancredi e Clorinda di Claudio Monteverdi. Oltre alla parte strettamente musicale, sopra ad un palcoscenico montato ad hoc, si sono mossi, sia il controtenore Carlo Vistoli, sia i bravissimi danzatori Gador Lago Benito e Alberto Terribile, per la regia da Fabio Cherstich e la coreografia Philippe Kratz. I ballerini si sono mossi con sicurezza e con molta teatralità. Il controtenore Carlo Vistoli, per parte sua, è stato vocalmente al centro di tutta la serata. E' infatti apparsa ineccepibile e precisissima la sua abilità come nitidissimo fraseggiatore (soprattutto su un testo difficile come quello di Torquato Tasso) e come grande interprete, unendo, sia i momenti più dolenti, sia quelli più intensi, con grande eleganza e sofisticata tecnica. L'intonazione è sempre stata inoltre precisissima, così come la sua capacità di controllare il vibrato, mai eccessivo.


Sul piano orchestrale, il piccolo ensemble da camera ha brillato per precisione e nitidezza del suono. Bravissimi, su tutti, sono stati Claudio Rado ed Elena Abbati (Violini), Corinne Raymond-Jarczyk (Viola), Giulio Padoin (Violoncello), Michele Gallo (Violone), Francesco Oliviero (Tiorba) e Deniel Perer (Cembalo).


La serata, conclusasi oltre la mezzanotte, è stata quindi un’occasione di incontro e di approfondimento di musiche, sia di raro ascolto, sia di raro accostamento nei concerti, riconfermando la sezione "Ramificazioni" come forse la branca più interessante dell'intero Festival.

 

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