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Lorenzo Giovati

Il Barbiere di Siviglia • Ceretta

Parma, Teatro Regio. 12 Gennaio 2024

 

Il 12 gennaio, come è tradizione, il Teatro Regio di Parma ha inaugurato la sua stagione lirica 2024 proponendo, ad un teatro gremito come da tempo non si vedeva, con anche una buona partecipazione di giovani, una nuova realizzazione de Il Barbiere di Siviglia, basata su una guida registica di grande esperienza, come quella del maestro Pizzi, e su un cast composto invece, in prevalenza, da giovani artisti.


L’allestimento proposto non è nuovo, essendo già stato portato in scena al Rossini Opera Festival nel 2018, ma non per questo è meno pregevole, sia per l’eleganza dell’impianto scenico, sia per l’intelligenza con cui la scelta registica asseconda il discorso musicale. L’ambientazione è stata poi arricchita da movenze teatrali generalmente felici e spiritose, anche se, in alcuni frangenti, forse eccessivamente caricate. L’ironia di cui è intrisa l’opera rossiniana non necessita infatti, per essere restituita, di gestualità o di accenti caricaturali, ma è tutta interna alla partitura, di cui è parte integrante, sol che l’orchestra e la sua conduzione la sappiano far emergere. Ed è forse proprio questo il vero punto di fragilità de Il Barbiere di Siviglia andato in scena l’altra sera.


Premetto che considero una scelta giusta quella del Teatro Regio di offrire occasioni d’esibizione a giovani direttori, avviati verso una promettente carriera, come è senza dubbio il caso del maestro Ceretta. Il rischio, però, che comunque vale la pena di correre, è quello di avere interpretazioni che possono peccare di non sufficiente maturità o di eccessiva prudenza. Ed è forse quello che si è verificato l’altra sera, in cui la direzione del maestro Ceretta è stata certamente attenta a garantire compostezza formale e ritmica, ma si è rivelata abbastanza algida, quasi metronomica e complessivamente carente di quel brio che ci si poteva aspettare da un direttore ventisettenne e che è indispensabile perché l’opera rossiniana non diventi monotona.


Ed è stato un peccato perché il parterre vocale, se si fa eccezione per il tenore Maxim Mironov, che ha offerto una prestazione volenterosa, ma il cui Conte d' Almaviva è apparso del tutto evanescente, era composto da vocalità che erano in grado di realizzare un Barbiere di Siviglia più spigliato e divertente di quello, comunque più che dignitoso, che alla fine è andato in scena.


A partire dal baritono Andrzej Filonczyk, che dispone di una linea di canto perfettibile, ma che ha giustamente puntato tutto, e con buon successo, sulla sua giovanile baldanza vocale, la quale gli ha consentito di rendere al meglio l’anima fiera e allegra di Figaro, meno quella furbesca, che richiede risorse canore più raffinate. Filonczyk ha tra l'altro sfoggiato una dizione italiana molto buona che gli ha consentito di fraseggiare in modo generalmente appropriato.


Per proseguire con la Rosina spigliata e gradevole del contralto Maria Kataeva e del don Bartolo vocalmente e scenicamente apprezzabile del basso Marco Filippo Romano, che ha delineato un'interpretazione divertente e tecnicamente molto abile.


Un discorso a parte merita poi il Don Basilio di Roberto Tagliavini, che ha confermato appieno una bravura e una professionalità che peraltro erano già ben note, le quali gli hanno consentito di risolvere sempre l’esigenza comica del personaggio con soluzioni di buon canto.


Efficace, nella prima parte, e simpatico, nella seconda, il Fiorello di Willam Corrò. Divertente e adeguata la Berta di Licia Piermatteo.


Pregevoli mi sono parse anche le parti di contorno e ottimo, come sempre è stato il coro del Teatro Regio diretto dal maestro Martino Faggiani. L’orchestra Filarmonica Arturo Toscanini ha suonato infine in modo corretto, non sfoggiando però, ma non solo per limiti suoi, quella trasparenza che la partitura rossiniana richiederebbe. Lo spettacolo ha comunque registrato un entusiastico successo di pubblico, che per buona parte mi sento di condividere.  




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