Guillaume Tell • Mariotti
- Lorenzo Giovati
- 7 apr 2024
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 11 mag 2024
Milano, Teatro alla Scala (in diretta su LaScala.tv). 6 Aprile 2024.
Considerata la rapidità con cui sono andati venduti quasi tutti i biglietti per questa nuova produzione di Guillaume Tell di Gioacchino Rossini, l'unico modo per ascoltarla, per con i limiti fisiologicamente imposti dalla mediazione del mezzo televisivo, e per farne una recensione era quello di attendere con pazienza il collegamento in diretta su LaScala.tv e quindi la penultima recita. La versione proposta è stata quella originale in francese.
Il Teatro alla Scala vanta, nella sua storia plurisecolare, di aver messo in scena forse l'edizione di riferimento di quest'opera (se non consideriamo i rifacimenti), ovvero quella diretta dal maestro Riccardo Muti nel 1988. Oggi il nome Muti compare solo nella regia della figlia Chiara Muti, la quale si è fatta interprete di un’operazione registica discutibile e molto difficile da seguire. A parte la simbolica mela rossa, ben visibile, gli altri elementi erano decontestualizzati (a tal punto che l’ambientazione svizzera, propria della trama originale, si è trasformata in un carcere, non è dato sapere se almeno svizzero), di problematica, se non impossibile, decodifica, comunque ostativa ad un buon ascolto dell’opera, e poco efficaci in termini di narrazione. Solo per esempio, non era svelato perché il coro dovesse imbracciare tanti tablet che emettevano una luce bianca. Anche tutti gli interventi dei ballerini sono apparsi inappropriati, anche esteticamente, al punto che, dopo il balletto del terzo atto, si sono levate le esplicite, e meritate, disapprovazioni del pubblico, le quali hanno inevitabilmente coinvolto anche i bravi e innocenti ballerini che erano in scena. Le contestazioni, che si erano già manifestate alla fine della prima rappresentazione, si sono quindi ripetute, a dimostrazione del fatto che il giudizio negativo sulla regia prescindeva dalla tipologia di pubblico presente in sala. Per contro, se l’impostazione registica ha evidenziato questi seri limiti, non così è stato per la sua realizzazione scenica, che è stata di altissimo livello.
A sorreggere uno spettacolo registicamente brutto è però intervenuto un cast vocale di prima qualità, guidato da una direzione orchestrale stupefacente. Il maestro Mariotti, fin dall'ouverture, ha offerto una direzione sicura, energica, stilisticamente ineccepibile e molto partecipe. Due momenti dell'ouverture, in particolare, sono stati d’eccellenza, ovvero l'esplosione del temporale e il finale, tenuto serratissimo nei tempi e dinamicamente molto acceso, con una sezione degli archi dell'orchestra scaligera che è stata di una compattezza rara. Esito ne è stato che al termine della sinfonia si è sciolta una meritata ovazione per l’orchestra e per il direttore. Più in generale, comunque, il maestro Mariotti ha accompagnato sempre molto bene il canto, dedicando una particolare cura alle scene d'assieme (come tutti i finali, uno più bello dell'altro, fino a culminare nel meraviglioso finale conclusivo, oppure la seconda scena del terzo atto) e ai balletti. La direzione è stata quindi di straordinario gusto e di notevole livello, come il pubblico ha riconosciuto, accogliendo il direttore con un’ovazione alla fine dello spettacolo.
Altrettanto eccezionale è stata l'Orchestra del Teatro alla Scala, che ha suonato con estremamente precisione e ha restituito un suono pieno e compatto. Sulla stessa lunghezza d'onda mi è parso anche il Coro del Teatro alla Scala, preparato magistralmente da Alberto Malazzi.
Sul palcoscenico, nei panni di un galeotto o, meglio, di Guglielmo Tell, l'immenso Michele Pertusi si è destreggiato, come solo i grandi artisti sanno fare, venendo a capo di una partitura complicatissima, tra l’altro non naturalmente adatta ai suoi mezzi vocali. Il ruolo infatti è tradizionalmente per baritoni, anche se la voce morbida e ambrata del basso parmigiano si è adattata perfettamente a tutte le note, perfino in quelle più alte, nelle quali non ha mai mancato una singola intonazione. Il fraseggio è stato sempre accurato e l'interpretazione molto ben delineata. Il suo Guglielmo è un personaggio, sia coraggioso, sia umano, soprattutto nel rapporto con il figlio. Memorabile il “Sois immobile” cantato al limite dello "strappalacrime" e supportato da un'orchestra magnificamente condotta.
Dmitry Korchak nel ruolo di Arnold Melchtal, quando è entrato sul palco per gli applausi finali ha ottenuto un'ovazione pari a quella di Pertusi. E lo ha meritato anch’egli. La sua voce è adatta al ruolo per colore e per timbro e la sua interpretazione è stata sempre appropriata, per di più avvantaggiata da un fraseggio quasi perfetto. Unico limite è emerso nel settore acuto, in cui a volte il timbro ha virato verso il metallico ed è trapelato un certo sforzo. Nel complesso però Korchak ha riservato al pubblico milanese una bella prestazione, in particolare nel duetto del terzo atto con Mathilde.
E' stata brava anche Salome Jicia nel ruolo di Mathilde, anche se non sempre la sua voce è apparsa cristallina nell'emissione e in sintonia con l'interpretazione.
Catherine Trottmann ha interpretato un Jemmy molto fanciullesco e vocalmente limpido.
Luca Tittoto, nei panni di Gessler è stato correttamente austero e risoluto.
Hanno completato il cast in modo soddisfacente Paul Grant (Leuthold), Brayan Áila Martinez (Rodolphe), Géraldine Chauvet (Hedwige), Dave Monaco (Ruodi), Nahuel Di Pierro e Evgeny Stavinsky (rispettivamente Walter e Melcthal).
Lo spettacolo si è rivelato quindi di altissimo livello, degno di un grande teatro.
Lo spettacolo rimarrà disponibile per il noleggio per pochi altri giorni.