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Fuoco di Gioia

  • Lorenzo Giovati
  • 6 ott 2024
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 8 ott 2024

Parma, Teatro Regio. 2 Ottobre 2024.

 

Terminato il fine settimana delle prime rappresentazioni, il Festival Verdi 2024 ha iniziato a proporre al pubblico la rassegna “Ramificazioni” e i concerti straordinari. Tra questi ultimi è stato inserito, anche quest’anno, il concerto benefico “Fuoco di Gioia”, organizzato dal Club dei 27, Gruppo Appassionati Verdiani, che ormai da dodici anni propone questa iniziativa, nata nel 2013, come un unicum, per celebrare bicentenario dalla nascita di Giuseppe Verdi, ma poi ripetutasi ogni anno in ragione del grande successo ottenuto. E si tratta di un successo certamente meritato, quest’anno, come negli anni passati, perché “Fuoco di Gioia” è davvero un concerto straordinario. Non solo perché la sua organizzazione, che sarebbe un errore dare per scontata, è invece un piccolo prodigio che prende corpo ogni anno dall’impegno di un ristretto numero di appassionati, in ciò aiutati dalla generosa amicizia di molti artisti, dal prezioso supporto del Teatro Regio e dal contributo economico di realtà che ne condividono il progetto, ma soprattutto perché esso, non è un semplice concerto, che sarebbe errato misurare solo per i valori artistici che esprime, i quali sono sempre e comunque elevatissimi, ma è soprattutto una grande festa di musica, di passione e di solidarietà, che coinvolge il pubblico, oltre la musica che propone. È un Fuoco di Gioia di nome e di fatto, come hanno ben compreso coloro che, più o meno appassionati, ogni anno, come anche quest’anno, riempiono il Teatro Regio sino alla soglia del sold out, per partecipare a questo evento.   


Al successo dell’iniziativa ha poi certamente contributo anche la decisione felice, presa ormai qualche anno or sono, di non limitare il programma alle sole musiche del maestro Verdi, ma di diversificare la proposta musicale, aprendola a brani di altri musicisti, in linea peraltro con la scelta fatta anche dalla Direzione del Festival Verdi. 

Quest’anno la serata si è aperta con un inatteso e piacevole fuori programma, che ha visto protagonisti due giovanissimi artisti: il soprano Sara Minieri e il tenore Federico Bonghi, che si sono prestati, con grande professionalità, all’esecuzione (dalla platea) del brindisi de La Traviata.


Dopo i saluti di rito del presentatore Paolo Zoppi, e l’intervento del sindaco di Parma Michele Guerra, che, con sincera partecipazione, ha ben rimarcato il valore artistico, ma anche sociale, dell’iniziativa, il concerto ha preso il via con l’Ouverture dalla Norma di Vincenzo Bellini. Sul podio, a dirigere la Filarmonica di Parma, è salito il maestro Valerio Galli, giovane e bravo direttore, che si è cimentato, nel corso dello spettacolo, in numerosi brani, tratti da diverse opere di svariati compositori, riuscendo sempre ad offrire un riferimento solido e preciso ai solisti che si sono esibiti. La Filarmonica di Parma ha suonato generalmente bene, sfoggiando un suono energico e sempre appropriato.


La prima artista ad esibirsi è stata poi il soprano Desirée Rancatore, che già prese parte alla prima edizione di “Fuoco di Gioia” e che, anche in questa occasione, non ha fatto mancare al Club dei 27 la sua generosa vicinanza. La Rancatore si è cimentata in diverse arie, tra cui “Casta Diva” dalla Norma di Bellini, “No vecchio t’inganni” dal Rigoletto di Verdi (insieme al baritono Federico Longhi), “Già nella notte densa” dall’Otello di Verdi (insieme al tenore Martin Muhele) e infine nel “Je veux vivre” dal Romeo et Juliette di Gounod. La sua voce bella, potente e agile si è prestata benissimo all’esecuzione di tutte queste arie, soprattutto nel ruolo di  Desdemona, in “Già nella notte densa”, che ha eseguito in pubblico per la prima volta, e come Giulietta nel “Je veux vivre”. Una prestazione nel complesso davvero molto pregevole.


Il mezzosoprano dello spettacolo è stata la giovanissima, ma non per questo meno apprezzabile, Benedetta Mazzetto, che si è prestata ad impersonare, prima Azucena in “Stride la vampa!” dal Trovatore di Verdi, poi in Leonora, in “Oh, mio Fernando!” da La Favorita di Gaetano Donizetti. Il mezzosoprano lombardo ha sfoggiato una linea di canto sicura e controllata alla perfezione, sia in termini di potenza, sia in termini di vibrato, difficile da contenere in un’aria come quella di Azucena.


Il comparto maschile non è stato di certo meno valido di quello femminile.


Per il repertorio del basso, vi era il cinese Yongheng Dong, dalla bella voce scura e austera, che ha eseguito l’aria “Infelice e tuo credevi” dall’Ernani di Verdi, e poi “La Calunnia” dal Barbiere di Siviglia di Rossini. Un giovane certamente molto promettente.


Il baritono della serata è stato Federico Longhi, che ha esordito stupendamente con l’esecuzione della geniale aria “Vittoria!” dal Gianni Schicchi di Puccini (giustamente omaggiato più volte nel corso della serata per via dei cento anni dalla sua morte). Successivamente è poi ritornato sul palco per eseguire, sempre con professionalità, due arie verdiane, ovvero “No vecchio t’inganni” dal Rigoletto (di cui si è già scritto) e “Eri tu” da Un Ballo in Maschera.


Il tenore Martin Muhele si è invece prodigato nelle arie “Dio mi potevi scagliar” e “Già nella notte densa” (insieme a Desirée Rancatore) dall’Otello di Verdi e “Nessun Dorma!” dalla Turandot di Puccini. L’esito è stato, in tutte le arie, ma con particolare riferimento a Turandot, ottimo.


Tra i brani proposti da questi artisti, sono stati inseriti alcuni pezzi corali come “Vedi! Le fosche notturne spoglie” dal Trovatore, il Dies Irae e il Tuba Mirum dalla Messa da Requiem, il Coro a bocca chiusa da Madama Butterfly e “Gloria all’Egitto” dall’Aida. Tutti questi brani hanno trovato nel coro della Corale Giuseppe Verdi (Cavaliere di Verdi del Club dei 27) un interprete ideale che raramente si esibisce al Teatro Regio, nonostante sia un’istituzione musicale radicata da tempo nel territorio. Il coro, che ha brillato per compattezza, insieme al solido supporto orchestrale del maestro Galli, ha fornito delle esecuzioni pregevolissime. In particolare, il “Dies Irae” con il seguente “Tuba Mirum” sono stati eseguiti molto bene, a tal punto che, terminata l’esecuzione, nessuno osava applaudire per non turbare la tensione che si era creata.


Un ultimo plauso, non certamente di maniera, va al presentatore/organizzatore della serata Paolo Zoppi, Falstaff nel Club dei 27, ideatore e anima di questo concerto, che organizza ogni anno con dedizione, sacrificio e professionalità e che conduce con simpatia e garbo ammirevoli.


Il concerto è stato quindi, come si è scritto in apertura, una grande festa, culminata con il bis del Brindisi della Traviata, che aveva aperto la serata, eseguito da tutti gli artisti. Il successo è  stato suggellato dagli applausi finali di un pubblico visibilmente soddisfatto.   


 


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