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Lorenzo Giovati

Elektra • Petrenko

Berlino, Philharmonie (in diretta su Digital Concert Hall). 7 Aprile 2024.

 

Dopo esibizioni numerose e di successo alla Festspielhaus di Baden-Baden, in occasione del Festival di Pasqua 2024, la medesima compagnia di canto, Kirill Petrenko e i Berliner Philharmoniker sono ritornati nella loro casa berlinese per riproporre questa realizzazione dell'Elektra di Richard Strauss. L'opera, su libretto di Hugo von Hofmannstahl e tratta dalla tragedia omonima di Sofocle, è la quarta opera del compositore tedesco e richiede un organico orchestrale imponente.


L’ampiezza del numero di strumenti fa sì che il discorso musicale voluto da Strauss sia incentrato prevalentemente sull'orchestra, che quindi necessita di essere ben diretta per sostenere anche una parte vocale molto complessa. La direzione di Kirill Petrenko ha rispettato appieno questa caratteristica. A partire dalle prime tre note iniziali, lo spettatore ha potuto subito intuire che il suono, che il direttore russo riusciva a ricavare dall'orchestra, era pieno, corposo, rotondo e molto potente. La conferma è arrivata, insieme al corteo che sopraggiunge in scena dopo il duetto Elettra-Crisotemide, ricchissimo di suoni e di linee musicali, che scorrendo si avviluppano in una matassa fittissima di tormento e di dinamismo. Nello Strauss operista, che è estremamente diverso dal sinfonista, la potenza orchestrale non è tutto. Vi sono, infatti, momenti più melodiosi e romantici che richiedono comunque molta compattezza orchestrale, come per esempio nell'aria iniziale di Elettra. La lettura del maestro Petrenko, che procede di pari passo con il suo gesto precisssimo, è stata sempre lucida, fredda ed estremamente rigorosa, anche nei tempi. Il tutto è terminato con il maestoso, ma ritmato, finale, in cui il maestro russo ha scelto un tempo abbastanza lento, ricordando le esecuzioni celeberrime di Solti o Bohm.


Un grande direttore, però, non lascerebbe il segno se non vi fosse un'orchestra, come i meravigliosi Berliner Philharmoniker, che gli risponde magnificamente. Ogni sezione è un "blocco unico" dal suono rotondo e corposo. In particolare, sono state eccellenti le percussioni, ma la vera "pelle d'oca" è arrivata quando i corni sono entrati con impeto, dopo l'aria di Crisotemide.


Il cast vocale è stato di livello.

Vi ha spiccato, ovviamente, la protagonista Nina Stemme (Elektra), che è sempre precisa nell'intonazione e molto accurata nell’interpretazione. E’ riuscita a rendere nitidamente la lucidità e la freddezza del personaggio. Il mezzo vocale è potente, anche se vibra un poco nel registro acuto.


Elza van den Heever è stata una Chrysothemis non eccessivamente carica nella componente tragica, anche se vocalmente appropriata.


Michaela Schuster è stata ottima nel ruolo di Klytämnestra.


L’Orest di Johan Reuter è apparso un poco evanescente dal punto di vista interpretativo, anche se vocalmente non ha demeritato.


L'Aegisth di Wolfgang Ablinger-Sperrhacke si è assestato sul livello di una buona routine esecutiva.


Bravissimi sono stati anche tutti i numerosi comprimari, la cui platea era composta da Katharina Magiera, Marvic Monreal, Alexandra Ionis, Dorothea Herbert e Lauren Fagan, che hanno impersonato le cinque ancelle, Anthony Robin Schneider (Tutore di Orest), Anna Denisova (L'ancella dello strascico), Lucas van Lierop (Un giovane servo), Andrew Harris (Un vecchio servo) e Kirsi Tiihonen (Una sorvegliante).


Il Rudfunkchor Berlin è stato ottimo, seppur relegato all'esecuzione di una parte marginale.


In sintesi: un'Elektra straordinaria, in particolare sul piano della direzione, forse la migliore che si può sentire oggi.

 

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