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Lorenzo Giovati

Die Entführung aus dem Serail • Guggeis

Milano, Teatro alla Scala. 10 Marzo 2024.

 

Domenica pomeriggio è andata in scena l'ultima rappresentazione del Die Entführung aus dem Serail (Il ratto dal serraglio), di Wolfgang Amadeus Mozart.


Sul palcoscenico è spiccata la personalità interpretativa e la voce cristallina di Jessica Pratt. Il soprano inglese, nel ruolo di Kostanze, ha ricevuto ovazioni e applausi meritatissimi, soprattutto dopo le due arie "Ach ich liebte, war so" (Atto 1) e Martern aller Arten (Atto 2). La sua voce è sempre limpida e ben dosata, in particolar modo nel registro alto, nel quale si destreggia tra le note con estrema agilità e con notevole precisione, senza mai lasciar trapelare sforzo per raggiungere gli acuti. Ciò è il frutto di una grandissima padronanza tecnica che le consente di governare la voce e di saper cogliere ogni sfaccettatura della psicologia del personaggio, sfumando e alleggerendo la voce nelle parti opportune. Interpretativamente è stata seria e tormentata nelle parti cantate e simpatica e brillante nelle parti d’assieme, in particolar modo quando, nel momento stesso del “Ratto dal serraglio”, prima di uscire dalla finestra, passa a Belmonte quattro valige, una gabbietta da uccellini e le proprie scarpe.


Non meno pregevole è stata la Blonde di Jasmin Delfs, sia vocalmente, sia interpretativamente. Ha delineato il personaggio in modo energico e giovanile, anche nei movimenti scenici. L’unico piccolo difetto sono state le parti recitate che sono state difficili da sentire in una sala grande come quella del teatro milanese. Ciò non è avvenuto per le parti cantate che sono sempre state coerenti con il personaggio e ben calibrate. È stata molto accurata nel registro acuto, anche se un poco difficile da sentire nel registro grave.


Sul fronte maschile, il Belmonte di Daniel Behle ha riscosso un buon successo. Il tenore tedesco ha messo in scena un personaggio elegante, espressivo e innamorato, conferendo alla linea di canto un colore spesso struggente, tipico degli innamorati mozartiani (come possono essere Don Ottavio o Tamino). Anche lui, come la Pratt, è stato molto simpatico e divertente in alcuni passaggi.


Il Pedrillo di Michael Laurenz è stato il degno compagno di Blonde. Anche lui è stato energico, giovanile e simpatico, in particolar modo in confronto con Osmin. Ottime, per cura e interpretazione, sono state le sue arie, in primis la serenata In Mohrenland gefangen war in cui la voce è apparsa sempre ben dosata e le sfumature sempre appropriate.


In sintesi, la parte degli amanti mi è parsa molto equilibrata. Tutti e quattro sono stati molto bravi. Pedrillo e Blonde sono stati molto bravi nel contrapporsi a Kostanze e Belmonte, così come deve essere. Da un lato un amore tra servitori giovani e passionali, dall'altro quello tra due persone di rango elevato più "moderato" ed elegante.


Nel comparto maschile, però, ha trionfato l’Osmin di Peter Rose che non solo dispone della fisicità e della simpatia necessarie per questo ruolo, ma anche la vocalità adatta, seppur non sempre precisissima nell’intonazione nelle note basse e un poco difficile da sentire nel registro grave. L’interpretazione e la presenza scenica sono state eccellenti.


Hanno completato degnamente il cast l’attore Sven-Eric Bechtolf che ha delineato un Selim profondo e autoritario, il simpatico mimo Marco Merlini (che aveva già ricoperto questo ruolo nel 1994 e nel 2017), e i solisti del coro Roberta Salvati, Alessandra Fratelli, Luigi Albani e Giuseppe .


Semplicemente bravissimo, a mio avviso, è stato il giovanissimo direttore d’orchestra Thomas Guggeis che ha tenuto sempre l’orchestra serrata, compatta, brillante ed energica, seppur elegante e vellutata nei momenti più “romantici”. Il suo gesto è sempre stato preciso e accurato e da ciò ne è scaturita una coordinazione pressoché perfetta con coro e voci. L’Orchestra del Teatro alla Scala, sia per sua costituzione, sia probabilmente per merito del maestro Guggeis, ha suonato molto bene, sfoggiando un suono brillante e “settecentesco”; più di quanto avevo sentito nella scorsa produzione de Le nozze di Figaro.


Il Coro del Teatro alla Scala, seppur relegato ad una parte marginale, è stato come al solito molto professionale.


Ultima, ma non per importanza, merita un pensiero deferente la strepitosa regia di Giorgio Strehler, nata per il Festival di Salisburgo del 1965, che il Teatro alla Scala ripropone dal 1972 e che ha giustamente deciso di riproporre anche in quest’ultima occasione. Bellissima l'idea di dividere la scena in due parti (una buia e una illuminata) che la diretta video della piattaforma LaScala.tv ha fatto risaltare ancor meglio, così come molto divertenti sono state alcune trovate sceniche e alcuni dialoghi aggiunti ad hoc. Le scene sono eleganti e gli elementi presenti in scena sono tutti funzionali all'azione scenica.


In conclusione, un "Ratto dal serraglio" veramente da ricordare.

 


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