Milano, Teatro alla Scala. 15 Ottobre 2024.
Di questa “coda” della stagione lirica 2023/2024 del Teatro alla Scala di Milano, lo spettacolo forse più atteso, era questa non nuova, ma pur sempre bellissima, produzione del “Der Rosenkavalier” di Richard Strauss (insieme all’inizio del Ring di Wagner).
Attesissimo era anche il debutto operistico del direttore d’orchestra Kirill Petrenko al Piermarini. Il maestro siberiano, oggi direttore stabile dei Berliner Philharmoniker, ha sempre dimostrato una naturale propensione verso le musiche di Richard Strauss, che ha pienamente confermato anche in questa occasione. Fin dalle prime battute, la nitidezza interpretativa di Petrenko ha catturato l'attenzione: ogni frase musicale sembrava essere tratteggiata con una precisione cristallina. Il suo approccio meticoloso non ha mai soffocato la naturalezza della partitura, ma l’ha anzi esaltata, permettendo a ciascun elemento orchestrale di brillare. La complessa tessitura orchestrale di Strauss, con le sue sovrapposizioni ricche e spesso dense, è stata svelata da Petrenko con una trasparenza straordinaria. Il modo in cui egli ha saputo equilibrare le dinamiche, mantenendo un perfetto controllo dell’orchestra, anche nei momenti più delicati e intimi del terzo atto, ha portato ad una comprensione profonda delle sfumature emotive dell’opera. Il suo gesto, preciso e chiarissimo, ha mantenuto un rigore interpretativo che, tuttavia, non ha mai sacrificato il trasporto emotivo: il lirismo e la malinconia della musica sono affiorati con naturalezza, evocando una straordinaria gamma di sentimenti, oltre ad una perfetta ricostruzione dell'ambientazione viennese. Petrenko ha saputo accompagnare i cantanti con sensibilità, sostenendo le loro linee vocali, senza mai sovrastarli.
L'orchestra del Teatro alla Scala, sotto la sua guida, ha raggiunto una precisione assoluta. Ogni frase, ogni intervento strumentale, è stato cesellato con una tale cura da rendere l’ascolto un’esperienza immersiva, come se lo spettatore fosse invitato a esplorare ogni singola piega della partitura. Ottime sono state le sezioni di ottoni e degli archi: questi, in particolar modo, hanno sempre sfoggiato un suono rotondo e morbido.
La componente vocale non è stata di minor pregio.
Tra tutti ha primeggiato la statunitense Kate Lindsey nei panni di Octavian (detto Quinquin). Il timbro è stato sempre appropriato, ben proiettato nel registro acuto e forse leggermente gonfio in quello basso. L'interpretazione è stata vivace e ricca di sfumature sentimentali. Da non sottovalutare, in un'opera come questa, è stata anche l'eccellente e disinvolta presenza scenica. La prestazione è quindi risultata nel complesso eccellente.
Il Barone Ochs di Lerchenau è stato interpretato alla perfezione da Günther Groissböck, che ne aveva già vestito i panni nell'ultima proposta di quest'opera alla Scala con Zubin Mehta nel 2016. Il suo timbro potente e nitido (anche se a tratti leggermente screziato) si è conformato perfettamente al personaggio, delinenandolo con nobiltà, ma anche con appropriate velature di volgarità e spigolosità. Anche nel suo caso la presenza scenica è stata superlativa.
Da ricordare è stata anche la prestazione di Krassimira Stoyanova nei panni della Marescialla Principessa Werdenberg, delineata con estrema delicatezza, ma, al contempo, anche in modo austero e nobilissimo. La voce è risultata perfettamente intonata, modulata e controllata alla perfezione.
Sabine Devieilhe nelle vesti di Sophie ha sempre sfoggiato un timbro limpido e cristallino. L'interpretazione è stata parimenti raffinata e leggera. Al suo fianco anche Michael Kraus, nei panni di Faninal, si è ben imposto per un’interpretazione severa e una vocalità appropriata.
Eccellente la prestazione di Piero Pretti nell'aria "Di rigori armato il seno" eseguita con impeccabile fraseggio ed eccellente intonazione. L'interpretazione è stata appassionata.
Squillante e vivace è stata anche la prestazione di Caroline Wenborne nei panni di Marianne Leitmetzerin. Da lodare anche gli interventi di Gerhard Siegel (Valzacchi) e Tanja Ariane Baumgartner (Annina). Solida la prova di Bastian Thomas Kohl, nei panni del Notar e del Polizei Kommissar. Il cast è stato completato da altri numerosi, quanto validissimi, comprimari.
La regia di Harry Kupfer, che ha debuttato a Salisburgo nel 2014 e ripresa alla Scala nel 2016, ritorna a Milano con la supervisione di Derek Gimpel. Kupfer ha proposto una rilettura che ha combinato intelligenza, tradizione e modernità, immergendo lo spettatore in un'ambientazione che non si è limitata a replicare il Settecento viennese, ma lo ha evocato in una chiave più simbolica e stilizzata. Le scene sobrie, ma accuratamente pensate, non hanno ceduto alla pomposità, mantenendo una delicatezza visiva che ha permesso alla musica di Strauss e alle dinamiche dei personaggi di emergere. Nel primo e secondo atto, i salotti dell’aristocrazia viennese sono stato più suggeriti, che ricostruiti: linee essenziali, tonalità marmoree ed eleganti del bianco e del verde. Il terzo atto, ambientato in quel che è sembrato essere il Prater, ha abbandonato la rigida eleganza dei primi due per aprirsi a una scena più vivace, in cui il brusco cambio tra l'eleganza dei primi due atti e la giocosità del terzo si è fusa perfettamente con la musica di Strauss. Una regia, quindi, estremamente gradevole in cui l'opera si è insinuata perfettamente, permettendone una comprensione accurata anche allo spettatore meno esperto, pur non presentandosi come tradizionale.
Questa messa in scena del Der Rosenkavalier ha quindi saputo regalare al pubblico della Scala un momento di grande musica. Il vero trionfatore della serata è stato senza dubbio il maestro Kirill Petrenko, il cui debutto operistico al Piermarini è stato pienamente all'altezza delle aspettative. Il cast vocale ha affiancato con pari qualità l’eccellente direzione di Petrenko. In sintesi, questa produzione, con una bella regia che ha fatto da perfetta cornice, si è distinta per la qualità musicale e vocale di altissimo livello, offrendo al pubblico una serata di eccelso livello.