Milano, Teatro alla Scala. 29 Aprile 2024
Lunedì sera, all’interno della programmazione “Concerti Straordinari” del Teatro alla Scala di Milano, si è tenuto un magnifico recital che ha visto come protagonisti la soprano Lisette Oropesa e il tenore Benjamin Bernheim, accompagnati dal maestro Marco Armiliato, che ha diretto l’Orchestra dell’Accademia del Teatro alla Scala. Il concerto è stato sapientemente diviso in due parti di durata simile, separando la prima parte, dedicata interamente all’opera italiana, dalla seconda parte, dedicata invece al repertorio francese. In entrambe le parti, eccezione fatta forse per due arie da Rigoletto e Romeo et Juliette, è stato molto apprezzabile l’impegno a non intraprendere percorsi troppo noti e scontati in un qualsiasi recital d’opera. Il concerto ha inoltre registrato una notevolissima affluenza di giovani che hanno piacevolmente affollato il teatro.
La serata si è aperta con l’Ouverture dalla Forza del Destino di Giuseppe Verdi, che il maestro Armiliato ha eseguito da serio professionista, quale è, scegliendo tempi corretti e dinamiche tradizionali, ma comunque molto ben realizzate. L'Orchestra dell'Accademia del Teatro alla Scala ha suonato molto bene, specialmente nella sezione degli ottoni, che ha mostrato suono profondo e ottima intonazione.
Il tenore Benjamin Bernheim è poi arrivato sul palco con una bottiglia di vino, utile per attribuire credibilità semi-scenica al "Bevasi" di Nemorino, e ha eseguito insieme a Lisette Oropesa la scena "Caro Elisir! Sei mio!" dall'Elisir d'Amore di Gaetano Donizetti. Entrambi sono stati bravissimi, ma soprattutto Bernheim è parso avere un’estrema dimestichezza con il ruolo, anche nel falsetto del "Lallarallarà", sebbene forse la Oropesa gli fosse migliore nella gestione della dizione.
In un repertorio operistico italiano, e soprattutto nel centenario della morte, non poteva mancare un'aria pucciniana. Bernheim si è quindi trasformato nel pittore Mario Cavaradossi per eseguire "Recondita Armonia" dalla Tosca, in cui ha mostrato un’interpretazione un poco carente di personalità ma un acuto potentissimo, ben modulato e intonato perfettamente. L’aria è stata assai ben supportata da una magnifica direzione d'orchestra.
E’ stata poi la volta di Lisette Oropesa, che è tornata sul palco per interpretare "Dall'infame banchetto... Tu del mio Carlo al seno" da I Masnadieri di Giuseppe Verdi. La soprano spagnola ha dato prova di un fraseggio perfetto e di una linea di canto morbida e personale. E' riuscita a spaziare dal registro centrale a quello estremo con agilità e con leggerezza (forse a tratti un poco eccessiva, facendo perdere di consistenza l'acuto), soprattutto nella cabaletta conclusiva. Anche in questo caso la direzione del maestro Armiliato è stata un fondamentale e pregevolissimo supporto.
Lo stesso maestro Armiliato ha poi diretto, ancora una volta, l'Orchestra dell'Accademia del Teatro alla Scala nella Sinfonia sempre da I Masnadieri. Questo brano presenta una parte centrale basata interamente sul violoncello. Il giovanissimo primo violoncello Andrea Cavalazzi (si evince dal programma di sala) è stato superlativo per precisione nell'intonazione dello strumento, il cui suono è sempre stato rotondo e morbido, e per sensibilità interpretativa. Questa straordinaria interpretazione ha portato il giovane violoncellista a ricevere una meritatissima ovazione. La direzione del maestro Armiliato, solidissima come al solito, ha mantenuto gli archi compatti e i tempi corretti.
Alla fine della prima parte, i due artisti, di nuovo insieme, si sono cimentati nel "Signor né principe... Addio addio" dal Rigoletto di Giuseppe Verdi. Bernheim dispone del colore vocale corretto per il Duca di Mantova e sfrutta la sua vocalità elegante per raggiungere un'interpretazione personale e romantica. La Oropesa, da parte sua, è stata un'eccellente Gilda, interpretando perfettamente ogni parola e destreggiandosi molto bene negli acuti (con la tendenza ad alleggerire forse un poco troppo).
Si è poi aperta la seconda parte del concerto, con i due solisti che hanno interpretato l'aria "Ange adorable" dal Roméo et Juliette di Charles Gounod. Vocalmente l'aria non presenta particolari difficoltà e ciò ha consentito ad entrambi i cantanti, molto a loro agio in questo repertorio, di offrire un’interpretazione eccellente e di dar vita ad una scena seducente e romantica. Bernheim, poi, ha di recente sostenuto il ruolo di Romeo al Metropolitan Opera House di New York e quindi ha potuto mettere a frutto la preparazione e lo studio del personaggio, attuati in occasione delle recite americane. I suoi natali francesi lo hanno aiutato inoltre ulteriormente nello scavo della parola, più di quanto non avvenga nel repertorio italiano.
Anche Lisette Oropesa si è trovata perfettamente a suo agio con la successiva "Air des bijoux!" dal Faust di Gounod, comprovando la sua tecnica vocale straordinaria in termini di agilità e la sua cura nell'interpretazione.
Il momento culminante della serata è però arrivato con la celeberrima aria "Je crois entendre encore" da Les Pêcheurs de perles di George Bizet, che fu cavallo di battaglia, ai tempi d’oro della lirica, di Alfredo Kraus. Il tenore francese è stato superlativo, sia interpretativamente, sia soprattutto vocalmente, prendendosi il rischio di cantare l’aria interamente a fior di labbro, senza mai perdere il controllo del mezzo vocale, senza mai dover ricorrere a spinte diaframmatiche eccessive per raggiungere l'acuto e senza nemmeno sconfinare in falsetto. E’ un poco come se fosse andato in scena, inatteso, un flash back di tempi canori che non torneranno.
Il maestro Armilato ha poi concesso a Bernheim di riprendersi qualche minuto, eseguendo l'Ouverture dal Roméo et Juliette di Charles Gounod. Anche in questo caso la maestria del direttore di tenere le redini dell'orchestra è emersa pienamente in ogni passaggio, dal fortissimo iniziale, al successivo fugato degli archi, eseguito con precisione e compattezza, al seguente passaggio corale dei violoncelli, sino al finale tremolante, ma controllato.
La soprano spagnola ha poi eseguito dal Robert le Diable, l'aria "Robert, toi que j’aime" di Giacomo Meyerbeer. Nonostante una piccola sgradevolezza timbrica in una nota acuta, ha eseguito e interpretato l'aria molto bene.
L'aria "Ah! Fuyez, douce" image dalla Manon di Jules Massenet ha comprovato la bravura interpretativa e vocale del tenore Bernheim in questo repertorio. Il seguente duetto "Pardonnez-mois... Toi! Vous!" tra il tenore e Manon ha chiuso poi la parte "ufficiale" del concerto. Entrambi i cantanti sono stati eccellenti, in particolare la Oropesa, che è stata una Manon seducente e persuasiva. Mentre Bernheim ha saputo ben distinguere la parte più "eroica" del personaggio da quella più "emotiva" sottolineando perfettamente i passaggi dall'una all'altra. Infine, il maestro Armiliato ha delineato una direzione molto appropriata.
Dopo un breve siparietto in cui la Oropesa ha preso la bottiglia dell'inizio del concerto (che era rimasta vicino al podio) e ha detto "E' Bordeaux, non Elisir", salvo poi correggersi, dicendo che fosse Valpolicella, i due solisti hanno concesso un bis, omaggiando nuovamente il maestro Puccini con "O Soave fanciulla" da La Boheme, eseguito, ovviamente, in modo impeccabile.
L'orchestra dell'Accademia del Teatro alla Scala è stata eccellente in ogni sezione e fa ben sperare per il futuro, poichè viviamo in un momento in cui vi è assoluta necessità di buone orchestre italiane. Soprattutto le percussioni e gli ottoni sono stati di altissimo livello.
Il concerto è stato quindi molto bello, riscontrando un meritato trionfo per Lisette Oropesa, Benjamin Bernheim, Marco Armiliato e il fantastico violoncellista de I Masnadieri, che ha ottenuto una seconda ovazione a fine concerto.