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Lorenzo Giovati

Brahms e Schubert • Barenboim

Salisburgo, Großes Festspielhaus. 15 Agosto 2024.

 

Il mite Ferragosto salisburghese si è concluso con l’arrivo della West-Eastern Divan Orchestra, impegnata in una tournè europea con il maestro Daniel Barenboim e la violinista Anne-Sophie Mutter. In programma il Concerto per violino e orchestra di Johannes Brahms e la Sinfonia 9 (8) di Franz Schubert detta “Grande”.


Il maestro Barenboim, come è spesso stato nel suo stile, ma come ha accentuato nella sua senilità artistica, oggi vissuta insieme ad una senilità biologica resa nobilmente e visibilmente sofferta dalla malattia, ha approcciato entrambe le composizioni, scegliendo tempi riflessivi e dilatati, che però ha avuto la capacità, propria dei grandi direttori, di rendere un’occasione di scavo e di approfondimento delle partiture, non invece di diluizione della loro intensità emotiva e melodica, inserendosi, a pieno titolo, nel solco delle esperienze tarde di direttori come  Furtwängler, Giulini, Klemperer o Bernstein.


Il primo movimento del concerto per violino e orchestra di Brahms, infatti, è stato eseguito su un tempo lento che ha permesso non solo all'ascoltatore di cogliere particolari sfumature e contrasti chiaroscurali tra le sezioni dell'orchestra, ma anche di individuare nella partitura alcune dissonanze che proiettano Brahms già verso le asperità melodiche novecentesche. Basti pensare che Brahms e Mahler hanno composto per diverso tempo contemporaneamente (Mahler infatti morirà solo 14 anni dopo Brahms). Quindi il Brahms di Barenboim, seppur condizionato dalle difficoltà di cui si è già scritto, non è apparso banale: è un compositore che contiene tutte le influenze precedenti (soprattutto Beethoven) ma che guarda soprattutto al futuro. Anne-Sophie Mutter si è riconfermata, anche se non vi erano dubbi a riguardo, una musicista di immensa classe. Nonostante qualche impercettibile incertezza nell'intonazione in alcuni passaggi, dovuta non di certo ad una mancanza di tecnica o di studio, ma ad un semplice problema legato al violino (senza spalliera) che non riusciva a trovare il giusto attrito con la spalla (scoperta) a causa di un po' di inevitabile sudorazione. Nonostante ciò i trilli sono stati perfetti, così come gli staccati, quasi furiosi ma comunque in perfetta continuità con l'idea del maestro Barenboim.


Non molto più rapido è stato anche il secondo movimento, scandito con estrema scorrevolezza melodica e intenso romanticismo.


Il terzo movimento, decisamente il più rapido dei tre, ha evidenziato la ballabilità della musica con dinamiche a tratti muscolari ma mai eccessive e sempre controllate.


Al termine del concerto, la violinista tedesca ha tributato al pubblico, dopo un breve discorso in tedesco, l'esecuzione della Partita n. 2 in re minore, BWV 1004 di Bach come bis. Inutile sottolineare che la realizzazione è stata impeccabile.


Nella seconda parte del concerto, il maestro Barenboim è tornato sul podio per l’esecuzione della Grande di Schubert, composizione e compositore più volte esplorati durante la sua lunga carriera artistica, non solo come direttore d'orchestra, ma anche come pianista. Del maestro Barenboim si ricorda in particolare un ciclo integrale delle sinfonie di Schubert con i Berliner Philharmoniker, un progetto che ha contribuito a consolidare la sua profonda affinità con questo repertorio. La Grande è un banco di prova insidioso per ogni direttore, tanto che

molti importanti bacchette, nel corso del tempo, si sono misurate con questa partitura, senzaapprodare ad esecuzioni memorabili. Emblematico è l'esempio di Kirill Petrenko che, sempre al Festival di Salisburgo nel 2021, propose una lettura fredda e molto nervosa, quasi totalmente priva di calore romantico. Barenboim, invece, ha optato per un approccio diverso, scegliendo un tempo lento che ha dato respiro alla musica, permettendo alla partitura di fiorire senza diventare né frenetica né opprimente, ma anzi, studiata con una profondità interpretativa eccelsa.


Nel secondo movimento, Barenboim ha adottato un tempo cadenzato e solenne nella prima sezione, creando un inizio deciso e ben articolato. Questo passo fermo e ponderato ha messo in luce la precisione dell'orchestra e il controllo delle dinamiche, mantenendo al contempo una certa vivacità. Nella parte centrale, tuttavia, sono prevalsi gli abbandoni melodici, i flussi lirici e i rubati che hanno conferito un forte senso di lirismo alla musica. La morbidezza dell’espressione e la cura nel fraseggio, soprattutto nei legni e negli archi, hanno restituito un’interpretazione che, pur rispettando la struttura formale, ha trasmesso un’intensa emotività.


Il terzo movimento si è distinto per il suo carattere vivace e slanciato. Barenboim ha saputo mantenere un equilibrio impeccabile tra le sezioni orchestrali, bilanciando con maestria il peso degli archi con la leggerezza e la trasparenza dei fiati. L'agogica ben ponderata e il controllo degli accenti hanno reso questa parte brillante e danzante, senza mai perdere quel tratto di eleganza che caratterizza le migliori interpretazioni di questo Scherzo. La transizione verso il Trio è stata gestita con finezza, evitando contrasti troppo bruschi.


Il quarto movimento ha raggiunto il culmine dell’energia orchestrale, ma senza sacrificare la cantabilità che è insita nel linguaggio schubertiano. Barenboim ha saputo dosare con intelligenza i momenti di slancio, evitando di trasformare il finale in un crescendo eccessivo. In alcuni passaggi, la musica si è distesa in modo quasi cantabile, lasciando emergere la bellezza melodica e conferendo una chiara identità a ogni frase. Il finale con gli archi è stato eseguito con precisione e impeto, portando la sinfonia a una conclusione travolgente e ben calibrata.


La West-Eastern Divan Orchestra ha suonato splendidamente. Ogni sezione è capitanata da ottimi musicisti, perfettamente coesi tra loro e che hanno risposto perfettamente ai piccoli gesti di Barenboim senza necessariamente dover costringere il primo violino (il figlio di Daniel, Michael Barenboim, per essere precisi) a muoversi per sopperire alle mancanze del padre (biologico del primo violino e padre-fondatore dell'orchestra).


Il concerto è stato un grade e meritato successo. Esso è culminato con una toccante standing ovation, con cui il pubblico salisburghese ha voluto tributare un lungo e affettuoso abbraccio ad un musicista tra i più grandi di sempre, che egli, nonostante la fatica del concerto, ha generosamente ripagato con l'esecuzione a sorpresa dello Scherzo da Sogno di una notte di mezz'estate di Felix Mendelssohn, approcciato con la consueta lentezza, ma che ha fatto percepire molto più chiaramente alcuni tratti cantabili del brano, che in altre versioni (mediamente tutte velocissime) non sono mai emerse in modo così chiaro.


Il Festival di Salisburgo, che nel giro di ventiquattro ore ha visto sul medesimo podio tre grandi direttori (Currentzis, Muti e Barenboim), ha assicurato anche quest’anno al pubblico austriaco (e non solo) un Ferragosto tutt’altro che banale.

 


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