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Brahms e Mahler • Currentzis

  • Lorenzo Giovati
  • 20 apr
  • Tempo di lettura: 4 min

Roma, Auditorium Parco della Musica. 16 Aprile 2025.

 

A distanza di esattamente un anno dal suo precedente passaggio, il maestro Teodor Currentzis è tornato a calcare la scena dell’Auditorium Parco della Musica, portando con sé la sua orchestra Utopia, formazione da lui fondata ormai qualche anno fa. E come l’anno scorso, anche questa volta ha scelto di aprire la serata con Brahms, sebbene passando dal Concerto per violino al Concerto n. 2 per pianoforte e orchestra, accostato nella seconda parte a una delle più vertiginose esplorazioni mahleriane: la Sinfonia n. 4.


Al pianoforte, il giovanissimo Alexandre Kantorow, ventisette anni e già considerato tra i più raffinati pianisti della sua generazione, ha dato corpo a un’esecuzione che ha evitato ogni sterile virtuosismo per farsi invece sostanza concreta, profondamente radicata in un’idea musicale di rara coerenza. La complicità con Currentzis è apparsa evidente fin dalle prime battute: non solo una semplice sintonia tra solista e direttore, ma una visione condivisa, un’intesa che è sembrata scavare nel cuore stesso della partitura, estrapolandone la complessità emotiva e architettonica.


Nel primo movimento, Allegro non troppo, il suono si è fatto materico, opulento, con una tavolozza orchestrale che Currentzis ha modellato come fosse cera. L’introduzione del corno, nobile e solenne, ha aperto la strada a un pianismo che non ha cercato il contrasto, ma piuttosto un’interazione intensa e profonda con l’orchestra. Se in alcuni momenti la potenza della compagine orchestrale ha sovrastato lievemente il pianoforte, ciò non ha comunque intaccato l’equilibrio espressivo dell’insieme, sostenuto da una tensione interna sempre viva.

Il secondo movimento, Allegro appassionato, ha trovato nella direzione di Currentzis un impeto febbrile, quasi sinfonico, nella scansione, reso magnificamente dalla plasticità del gesto e dalla compattezza del suono.

Il terzo movimento, Andante, è stato semplicemente magico. Currentzis ha saputo assecondarne ogni sfumatura con un fraseggio sospeso. Kantorow, da parte sua, ha dipinto una linea pianistica fatta di suoni avvolti in una morbidezza quasi irreale, mentre l’orchestra fluiva come un’eco lontana, vibrante e sospesa. L’intervento del violoncello solo, affidato al mirabile Konstantin Pfiz, ha offerto uno dei momenti più lirici e più intensi del concerto: il dialogo con Kantorow è sembrato aleggiare in una dimensione puramente poetica.

Il finale, Allegretto grazioso, è stato invece tutto un gioco di colori e di caratteri: ora elegante e fluido, ora animato da una sottile ironia. In alcuni momenti Currentzis ha addirittura chiesto agli archi di alzarsi per ottenere un suono più teso: gesto che, se in altri contesti sarebbe potuto apparire retorico, nel suo caso è diventato invece parte integrante di un teatro sonoro lucido e ispirato.


Al termine del concerto, Kantorow ha concesso un bis sorprendente: il finale dell’"Uccello di fuoco" di Stravinsky, in un arrangiamento per pianoforte solo. Un’esecuzione trascinante, capace di restituire tutta la tensione e la suggestione melodica dell’originale orchestrale, lasciando emergere con chiarezza l’elemento incantato e rituale della scrittura di Stravinsky.


La seconda parte della serata è stata dedicata alla Quarta sinfonia di Gustav Mahler, uno dei vertici assoluti del sinfonismo europeo, spesso fraintesa per la sua apparente levità, ma in realtà densa di ambiguità, nostalgia e ironia. Currentzis l’ha affrontata con una sensibilità fuori dal comune, rendendone con chiarezza, tanto l’architettura, quanto i molteplici piani di significato.


Nel primo movimento, fin dai primi rintocchi di campanelli, il maestro greco ha saputo evocare un’atmosfera rarefatta, da sogno infantile, senza indulgere in alcun sentimentalismo. Il suono dell’orchestra, tutta in piedi per Mahler, si è fatto via via più mobile, plastico, come se respirasse con la musica. Il risultato è stato di una bellezza sonora quasi ipnotica, con un gioco di trasparenze timbriche perfettamente calibrato.

Il secondo movimento ha poi trovato in Currentzis un interprete capace di restituire tutta la sottile danza con la morte, tra sarcasmo e inquietudine. Una danza macabra che non è mai scaduta nella caricatura, ma ha vibrato invece di un’ironia mesta e lucida. Eccellente è stata la parte solistica del primo violino Andrey Baranov (presente solo in Mahler).

Il terzo movimento, Ruhevoll, è forse il cuore della sinfonia. Currentzis lo ha scolpito con lentezza estrema, disegnando un adagio che pareva dissolversi nell’aria. Il suono, soprattutto degli archi e dei violoncelli, è sembrato provenire da un altrove indefinito, denso di rimpianto e di contemplazione. È in momenti come questi che si comprende fino in fondo la grandezza di questo direttore: la sua capacità di creare un tempo musicale proprio, sospeso, dove ogni nota è necessaria e ogni pausa parla, di leggere nella musica ciò che pochi altri, forse oggi nessuno, riescono a cogliere.  

Nel quarto movimento, affidato alla voce celestiale del soprano Regula Mühlemann, il viaggio si è concluso, approdando ad una visione di paradiso infantile, proprio come immaginato da Mahler nella poesia tratta dal Knaben Wunderhorn. La Mühlemann ha cantato con voce limpida, fraseggio naturale, intonazione perfetta. Nulla di artefatto, tutto è sembrato sorgere da una serenità originaria e luminosa, perfettamente in linea con l’idea mahleriana di una redenzione che non è trionfale, ma intima, candida e puerile.

Difficile rendere a parole la qualità sonora di Utopia. Ogni sezione è sembrata intessuta con l’altra: i fiati, precisi e duttili; le percussioni, sempre al servizio del disegno musicale; i violoncelli, lirici e avvolgenti; gli archi, compatti, vibranti, capaci di un fraseggio che è parso respirare col gesto del maestro. I corni, infine, assolutamente superbi: ampi, dolci, mai invadenti. Non è solo un’orchestra ben diretta: è una visione musicale incarnata.


A suggello di questo concerto meraviglioso, gli interpreti hanno regalato al pubblico un ultimo dono: una toccante esecuzione di "Morgen" di Richard Strauss, affidata vocalmente alla Mühlemann. Ancora una volta è stata impeccabile per leggerezza la prova del primo violino Andrey Baranov. La delicatezza con cui è stata cantata e suonata ha dato la sensazione che la musica stesse per dissolversi nell’aria, come un sussurro che rimane sospeso, anche dopo il silenzio.


Un concerto unico, che ha fatto della personalità di Currentzis e del suono di Utopia non soltanto strumenti di interpretazione, ma mezzi per reinventare l’esperienza sinfonica stessa. Una serata che non si può dimenticare.

 

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