Roma, Auditorium Parco della Musica. 25 Giugno 2024.
È proseguita, dopo una breve sosta di un fine settimana, la “Maratona Beethoven” dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, che ha affidato alla sensibilità artistica del maestro Daniele Gatti l’esecuzione di tutte le sinfonie di Ludwig Van Beethoven, nell’arco di una settimana e mezza. In questo contesto, martedì 25 giugno sono state eseguite la sesta e la settima sinfonia in una sala Santa Cecilia gremita di persone, che si prevede che possa diventare quasi sold out per il prossimo concerto, in cui saranno proposte le ultime due sinfonie.
Nella prima parte del concerto è stata eseguita la sesta sinfonia, detta “Pastorale”: una sinfonia che non di rado pone ai Direttori rebus interpretativi di non facile soluzione, per l’elevato rischio che la sua esecuzione possa risultare, o nervosa, o un poco noiosa. Fin dalle prime note del primo movimento (Allegro ma non troppo), il maestro Gatti ha scelto di imprimere all’orchestra un tratto sonoro elegante, creando un ottimo bilanciamento tra gli archi chiari e quelli scuri, e proponendo un primo movimento estremamente delicato, anche se non scarno di dettagli e di accenni di vivacità. L’ultima nota lunga del movimento ha poi creato un’atmosfera idilliaca, preparatoria per l’inizio del secondo movimento (Andante molto mosso), che è parso anch’esso molto molto ben costruito, oltre che significativamente orientato a evidenziare le evocazioni naturalistiche del brano. Formalmente è stato molto preciso nelle dinamiche e abbastanza variato nei tempi, con qualche rubato e qualche rallentando posizionato con maestria. Ha invece un poco deluso il terzo movimento (Allegro), che è risultato un poco lento e forse eccessivamente caricato, soprattutto nella parte più danzante, affidata allo staccato degli archi, che fungono da base ai fiati, per la creazione della scena della danza dei campagnoli. Il quarto movimento (il celeberrimo temporale), è stato poi imperniato su uno stacco dei tempi molto più rapido rispetto al movimento precedente, a marcare un voluto contrasto dinamico, e si è fatto apprezzare per le dinamiche variate e per l’eccellente partecipazione della sezione degli archi, che ha conferito turbamento e inquietudine al brano. Le sezioni di fiati, un poco coperte, sono comunque sempre intervenute molto a proposito. Molto bene hanno fatto anche i timpani. I contrasti che il maestro Gatti ha creato tra alti e bassi, forte e piano, con crescendo ed esplosioni, ha funzionato molto bene nell’evocare efficacemente il temporale. Tuttavia, la scelta di un tempo comunque molto rapito, ha un poco affievolito la forza evocativa dell’interpretazione, che è apparsa un poco nervosa e frenetica. Con il cielo sereno si è aperto l’ultimo movimento, che ha registrato il ritorno ad un tempo opportunamente più dilatato. Le dinamiche delicate e cullanti hanno permesso il fluire armonioso di un movimento splendido, reso con respiro molto ampio. Gli staccati degli archi, le pause sempre eseguite senza fretta, i rubati, le legature e i crescendo hanno tutti contribuito alla costruzione di una bellissima scena gioiosa, dopo un temporale ormai dissoltosi.
La direzione del maestro Gatti si è quindi riconfermata, anche in questa occasione, molto solida ed apprezzabile, seppur non sia mancata qualche incertezza orchestrale, dovuta alla ricerca (riuscita) di un suono delicato e leggero, e sebbene non ogni pagina abbia evidenziato il medesimo elevato livello interpretativo ed esecutivo. Nel complesso però, il maestro Gatti ha regalato una Pastorale pregevole. L’orchestra dell’Accademia, per parte sua, ha suonato molto bene, soprattutto per merito di una sezione dei fiati molto carismatica e di una sezione degli archi leggera e delicata. Una nota di merito va alle sezioni degli archi scuri che si sono destreggiate assai bene, senza coprire le altre sezioni, ma rimanendo sempre presenti e ben percepibili.
Nella seconda parte del concerto è stata invece eseguita la settima sinfonia di Beethoven, che era già stata proposta dal maestro Gatti all’Auditorium Manzoni di Bologna con l’orchestra Mozart (la cui recensione è raggiungibile dal link in fondo all’articolo). La direzione si è riconfermata solidissima e, ascoltata dopo una sinfonia più intima e meditata come la Pastorale (cosa che non si ebbe l’opportunità di fare a Bologna), si è rivelata ancora più energica. Dai primi accordi del primo movimento, fino al crescendo che conduce all’esposizione del tema, i tempi sono stati serrati (come a Bologna), ma le dinamiche sono apparse leggermente diverse, con una maggiore prevalenza degli archi rispetto agli ottoni e con qualche sporadica incursione di timpani e trombe. L’equilibrio generale del brano si è riconfermato comunque eccellente. La medesima novità interpretativa che si era riscontrata nel secondo movimento Bolognese è stata proposta anche a Roma, con una resa metronomica dell’allegretto e lo staccato iniziale degli archi. La scelta di un tempo abbastanza rapido, mantenuto con rigore, ha inoltre esaltata la precisione tecnica e la maestria degli orchestrali. Il presto è seguito all’Allegretto con un incipit molto ritmato di trombe e timpani. Il movimento ha brillato per vivacità e per le dinamiche rapide e scattanti, che hanno creato un ottimo contrasto con la parte centrale del movimento, un poco più lenta. Il quarto movimento, allegro con brio, è stato infine eseguito su un tempo coerente con il resto della sinfonia. Come nel concerto bolognese, l’attenzione è stata posta soprattutto sulle dinamiche degli archi e sugli accenti di trombe e dei timpani, che hanno contribuito a creare un senso di vivacità e, come lo definiva Wagner, “l’apoteosi della danza”. I corni, che si sono inseriti meravigliosamente nella coda finale insieme alle trombe, hanno poi contribuito a rendere travolgente il finale.
In questo caso, la direzione del maestro Gatti si è rivelata molto diversa da quella della Pastorale. Mentre nella Pastorale la sua direzione è stata ispirata ad un'interpretazione lieve e contemplativa, nella Settima Sinfonia ha invece puntato a mettere in risalto la potenza e l'energia della musica di Beethoven ed è, dunque, stata più misuratamente muscolare. Il maestro Gatti ha saputo comunque catturare l'essenza di entrambe le sinfonie, adattando il suo approccio alle esigenze delle composizioni.
Anche in questo frangente, l’orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia ha suonato generalmente molto bene, mostrando un timbro molto pregevole, un ottimo volume, quando necessario, ed una eccellente sezione dei fiati. Gli archi sono caratterizzati per un ottimo velluto, gli ottoni per un’ottima potenza (anche se non di rado è emersa qualche sporcizia nel suono) e i fiati per un suono bello e pulito.
Al termine del concerto tutti i protagonisti hanno meritatamente ricevuto l’ovazione del pubblico.