Roma, Auditorium Parco della Musica. 18 Giugno 2024.
Dopo l’esecuzione delle prime sette sinfonie (e delle ultime due che verranno proposte a Settembre) con l’Orchestra Mozart a Bologna, il maestro Daniele Gatti è stato incaricato dall’Accademia Nazionale di Santa Cecilia di eseguire in una settimana e mezza l’integrale delle Sinfonie (con la S maiuscola) di Ludwig Van Beethoven. I quattro concerti che suddividono le nove sinfonie (ripartite in 1-4-5 / 2-3 / 6-7 / 8-9) sono iniziati martedì 18 e proseguiranno fino a giovedì 27 giugno.
Nella prima parte del concerto di martedì 18 giugno sono state eseguite la prima e la quarta sinfonia. La prima sinfonia, che avevo già ascoltato il venerdì precedente all’Auditorium Manzoni di Bologna (concerto la cui recensione è consultabile dal link in fondo all’articolo), ha lasciato la medesima percezione interpretativa, ma una differente percezione esecutiva: con la dovuta premessa che un auditorium grande come la Sala Santa Cecilia al Parco della Musica è molto più dispersivo, a livello sonoro, rispetto ad un auditorium più raccolto come il Manzoni di Bologna e che, dunque, la differente resa esecutiva può in essere, almeno in parte, legata alla diversa ambientazione. Ciò premesso, l’esecuzione romana, solidissima e sonoramente molto marcata, è però parsa a tratti un poco carente di energia, soprattutto nei movimenti estremi, a differenza di quella bolognese, che è risultata più viva ed energica. I movimenti centrali, eseguiti con estrema delicatezza e sensibilità e con grande senso dell’architettura sonora, sono invece stati eccellenti. L’orchestra dell’Accademia ha suonato generalmente bene, anche se non sono mancate imprecisioni in alcuni attacchi d’insieme e in alcune intonazioni. L’esito dell’esecuzione è stato comunque positivo, anche se non esaltante, fors’anche perché l’orchestra dell’Accademia, che fino al sabato sera precedente è stata impegnata con il maestro Lahav Shani sempre nel repertorio beethoveniano, ha potuto riservare al maestro Gatti solo un numero di prove necessariamente limitato, per mettere a punto ben tre sinfonie (tra cui l’impegnativa quinta).
Dopo una breve pausa di qualche minuto, il maestro Gatti è poi ritornato sul podio per eseguire la quarta sinfonia che è il punto di contatto tra l’eroicità e la maestosità della terza e l’energia della quinta: come la definì Schumann “Una slanciata ragazza greca fra due giganti nordici”. Per questo motivo, l’esecuzione è di norma un connubio di sonorità aperte e di dinamiche allegre. Il maestro Gatti, fin dal primo movimento, ha invece scelto di privilegiare lo scorrere tendenzialmente lento delle melodie, depotenziando un poco la carica energica del brano. Fin dal crescendo degli archi, che conduce alla successiva esplosione orchestrale, con esposizione del relativo tema, l’orchestra è sembrata sottotono, esibendo attacchi “trascinati” e tracciando dinamiche poco effervescenti, a cui si è anche sovrapposta la scelta esecutiva di attutire sensibilmente la partecipazione dei timpani, il cui apporto sonoro è invece fondamentale per alimentare l’energia di questa sinfonia, come dimostra perfettamente la bellissima esecuzione di un altro grande direttore come Päavo Jarvi (di cui è molto consigliato l’ascolto). Già nel primo movimento, inoltre, si sono evidenziate alcune imprecisioni orchestrali, come un attacco (che è parso) errato di una tromba e una nota (che è parsa) sbagliata di un violino di fila. La modesta vivacità del primo movimento ha invece trovato bilanciamento nell’eleganza e nella grazia del secondo movimento, in cui il maestro Gatti ha estratto qualche suggestiva evocazione della marcia funebre della terza sinfonia. Anche Il terzo movimento è stato poi eseguito con vivace raffinatezza e su dinamiche molto interessanti, affidate soprattutto ai violini e ai flauti. L’ultimo movimento ha invece un poco riproposto le stesse criticità del primo, difettando di luminosità e di vibrazioni. La “ragazza greca”, quindi, per riprendere la metafora di Schumann, non è forse stata slanciata come avrebbe dovuto.
Dopo l’intervallo il maestro Gatti è salito sul podio, accolto dagli affettuosi applausi del pubblico, per eseguire l’attesa quinta sinfonia che, nonostante la fama portatale dal suo celeberrimo inizio, è forse la sinfonia meno eseguita delle nove.
Il primo movimento, di cui esistono numerosissime interpretazioni (la migliore delle quali rimane ancora oggi quella ineguagliabile di Carlos Kleiber), è stato non serrato nei tempi e di impostazione molto classica, anche nel suo incipit. Di particolare interesse sono stati gli accenti dei corni e dei timpani, molto ben contrapposti alla fluidità e alla fitta tessitura degli archi. Il movimento è risultato quindi molto ben costruito e esecutivamente assai ben fatto, anche se nel suo momento di massima tensione non è stato particolarmente travolgente. Come nell’esecuzione delle due sinfonie precedenti, le lievi carenze del movimento iniziale sono state bilanciate dalla intensità esecutiva e dalla pregevolezza interpretativa del bellissimo secondo movimento, che il maestro Gatti ha cesellato con grande abilità, facendo affidamento su una sezione dei violoncell e degli ottoni di grandissima qualità. Il maestro Gatti ha proposto un Andante con moto di straordinaria cantabilità e di magistrale intensità emotiva. Il terzo movimento, che introduce al movimento finale senza soluzione di continuità, riporta la struttura formale dello Scherzo, anche se fu indicato da Beethoven come un allegro. L’interpretazione del maestro Gatti ha privilegiato il tono vagamente misterioso di alcuni passaggi, contrapposti alla maestosità di altri, delineati sempre con un’esecuzione di ampio respiro. Magistrale è stata la sezione dei violoncelli che, con un suono rotondo e ben accentato, ha conferito vivacità e trasporto al movimento. Il pizzicato degli archi, che con un lieve ausilio dei timpani si trasforma in una melodia estenuante e crescente, ha infine introdotto al quarto movimento, iniziato non senza qualche difficoltà. Dopo le prime quattro battute (Do-Mi-Sol delle trombe), l’orchestra si è parsa disunirsi un poco, con i fiati che mantenevano un tempo più lento rispetto ai violini, dando la sensazione di una mancanza di compattezza che il maestro Gatti si è affrettato a riprendere nelle battute successive. A questo problema si è aggiunta anche un’imprecisione da parte dei corni. Per la successiva ripresa del primo tema, l’esecuzione è stata invece molto più precisa della precedente, merito anche del bravissimo maestro Andrea Obiso, primo violino dell’Accademia, che si è prodigato con lievi, ma efficaci, movimenti fisici per mantenere l’ordine tra le sezioni degli archi. Il finale del movimento è stato poi quasi frenetico, scandito su un tempo assai rapido, che non ha valorizzato appieno il dipanarsi della meravigliosa architettura sonora, ma che nemmeno ha penalizzato l’energia e la cantabilità del pezzo.
Il concerto è stato dunque buono, soprattutto per l’idea interpretativa che il maestro Gatti ha proposto di un Beethoven maturo e a tratti quasi “tedesco”, basato su sonorità ampie e marcate. Non sono però mancati i motivi di perplessità, i quali comunque non hanno impedito al pubblico che gremiva la sala, terminata l’esibizione, di tributare al maestro Gatti e all’orchestra una meritata ovazione
Il Ciclo Beethoven della Stagione Estiva 2024 dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia proseguirà Giovedì 20 giugno con l’esecuzione della seconda e della terza sinfonia.