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Lorenzo Giovati

Amartuvshin Enkhbat

Fidenza, Teatro Magnani. 6 Ottobre 2024.

 

In una domenica pomeriggio fidentina, contornata dal clima festoso della Festa di San Donnino, patrono della città, al Teatro Magnani (purtroppo semi vuoto), il Festival Verdi 2024 ha proposto un recital interamente verdiano del baritono Amartuvshin Enkhbat. Ad accompagnarlo al pianoforte, si è prestato, con professionalità ,il maestro Stefano Salvatori.


La particolarità di questo recital era nella scelta del programma, nettamente diviso in due, tra una parte dedicata ad alcune romanze per baritono scritte da Verdi (di rarissima esecuzione e, quindi, anche di grande interesse) e un’altra parte dedicata invece ad arie tratte da opere.


Nella prima parte del concerto, il maestro Enkhbat si è avventurato in un raffinato viaggio musicale che ha incluso Ad una stella, La seduzione e L’esule dalle Sei Romanze del 1845, per poi proseguire con Non t’accostare all’urna dalle Sei Romanze del 1838 e infine concludere con Il tramonto e Brindisi dalle Sei Romanze del 1845. La sua voce, caratterizzata da una linea di canto morbida e nobile, ha saputo catturare l’essenza melodica e la ricchezza emotiva di queste composizioni. Enkhbat ha offerto un'interpretazione che ha valorizzato l'equilibrio tra la fluidità musicale e il delicato intreccio di ripetizioni melodiche, caratteristiche distintive delle Romanze. La sua capacità di mantenere un perfetto controllo vocale ha donato una profondità unica a ogni espressione, portando alla superficie sfumature che hanno reso ciascun brano particolarmente toccante. Pur mantenendo un corretto dialogo musicale con il maestro Salvatori al pianoforte, è stata la voce di Enkhbat a dominare la scena, creando un'atmosfera intima e profondamente emozionante. La precisione tecnica e la sensibilità espressiva di Enkhbat hanno costantemente catturatol’attenzione dell’ascoltatore, facendo emergere tutta la bellezza intrinseca delle composizioni.


Tra due romanze, per concedere un momento di ristoro al maestro Enkhbat, il maestro Salvatori ha offerto una toccante interpretazione della Romanza senza parole dalle Sei Romanze del 1845.


La parte più attesa del concerto è però arrivata solo dopo l'intervallo, con l'esecuzione di alcune tra le più famose arie del repertorio verdiano per baritono. La seconda parte è quindi iniziata con l'esecuzione dell'aria Sacra è la scelta da Luisa Miller, interpretata con un fraseggio eccellente, ed è proseguita con la successiva O vecchio cor che batti da I due Foscari, in cui il maestro Enkhbat ha sfoggiato una linea di canto più rotonda adeguata al personaggio del Doge Foscari. La prima vera e propria ovazione, meritatissima peraltro, è giunta al maestro Enkhbat con l'esecuzione della celeberrima Di Provenza il mare, il suol, interpretata magistralmente, senza che la melodia risultasse anche lontanamente noiosa. Il fraseggio cesellato, la dizione precisa e l'intonazione eccellente hanno fatto di questo brano uno dei momenti più alti dell'intero concerto, ravvivando addirittura alla memoria la nobiltà di canto e la straordinaria voce ambrata di Renato Bruson, forse il più grande Giorgio Germont della storia.

Dopo un'aria di tale difficoltà, il maestro Enkhbat si è ritirato per pochi minuti fuori dal palco e il pianista Stefano Salvatori ha quindi regalato al pubblico l'esecuzione del celeberrimo preludio dell'Aida.


Nell'esecuzione dell'aria Dio di Giuda…O prodi miei, seguitemi, dal quarto atto del Nabucco, che è seguita, il maestro Enkhbat ha sfoggiato un canto guerriero, schietto, incentrato, sia sull'interpretazione, ma soprattutto sulla potenza del mezzo, controllato ed intonato anche nei passaggi di maggiore difficoltà e negli acuti. Il programma "ufficiale" del recital si è quindi concluso  con le arie, ovviamente eseguite in modo impeccabile, Il balen del suo sorriso dal Trovatore e Morir, tremenda cosa!…Urna fatale da La Forza del Destino.


Al termine apparente del concerto, il baritono originario della  Mongolia ha regalato al pubblico l'esecuzione di tre straordinari bis: Cortigiani, vil razza dannata dal Rigoletto, Oh, de' verd'anni miei da Ernani e infine Pietà, rispetto, onore dal Macbeth.


Nonostante le due ore abbondanti di concerto e (forse) una leggerissima indisposizione che lo costringeva talvolta a nascondere qualche colpo di tosse, il maestro Enkhbat ha sfoggiato ancora una volta una linea di canto nobile, sicura e un'intonazione sempre accurata (perfino nell'acuto finale dell'aria di Carlo dall'Ernani). Gli va quindi riconosciuta in questa occasione una lodevolissima generosità e, in generale, uno straordinario progresso della sua espressività, sino a non molto tempo fa penalizzata dal comprensione non perfetta della lingua.  

 

Il concerto è stato pertanto un trionfo per uno dei migliori baritoni dell'attuale panorama canoro mondiale.

 


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